Sigilli al condominio a «luci rosse»

Paola Fucilieri

Saranno anche stati gli esposti dei residenti ammucchiatisi in questi quindici anni sui tavoli del commissariato Garibaldi-Venezia, come sostiene la polizia. Tuttavia, a dare il colpo di grazia all’alveare a luci rosse di via Sammartini 33, luogo simbolo di ogni genere di prostituzione a Milano, è stata di sicuro la televisione. A giugno, una puntata del programma di Italia Uno «Le Iene», infatti, documentava sotto tutti i possibili equivoci profili, l’esistenza paradossale ma ormai praticamente stabile e soprattutto annosa di una situazione che mette alla berlina il cosiddetto «modello Milano».
Ieri all’alba, dopo gli accertamenti di rito e trovati finalmente i capi d’accusa più opportuni, quelli che negli anni passati non ne volevano sapere di saltare fuori, si è cominciato a scoperchiare il «pentolone» del mega-stabile, noto anche con il nomignolo generoso di «casa dell’amore» (in passato «gay street») da anni regno incontrastato di prostitute italiane, straniere e, in particolare, di viados sudamericani. Che, soprattutto d’estate, adescano i loro clienti adunati nel parcheggio adiacente, compiendo atti osceni alle finestre o direttamente per strada (con annessi e connessi di spacciatori e affini).
Così gli investigatori della squadra mobile, sezione criminalità straniera, dopo aver setacciato il quinto, sesto e settimo piano (rispettivamente piano transessuali, piano prostitute italiane e piano prostituzione mista) hanno sequestrato otto degli appartamenti riconducibili a un unico proprietario e alla sua consorte, abitazioni nelle quali da anni veniva esercitata attività di prostituzione. Degli otto appartamenti cinque sono risultati vuoti al momento. Questo non ha impedito ai poliziotti di accompagnare all’ufficio immigrazione dieci transessuali sudamericani tutti sprovvisti di permesso di soggiorno. Tra loro una nota stagionata «signora» inguainata in pantaloni di pelle nera che, durante l’ultima retata della polizia, qualche anno fa, si era data fuoco alle mani per manifestare il suo dissenso. E che ieri se ne stava seduta nei corridoi della questura in attesa di sapere quel che le riservava il futuro.
Il sequestro preventivo degli alloggi è stato disposto dalla Procura che ha indagato anche a piede libero i proprietari per favoreggiamento della prostituzione e per sfruttamento dell’immigrazione clandestina: in cambio di un affitto forfettario intorno agli 800 euro, riscosso in portineria e testimoniato da anonime ricevute rilasciate dalla coppia di locatori ai locatari di turno, questi ultimi si pagavano pure le varie bollette di luce e gas.
Nobile azione di nobili anime, visto che i proprietari degli appartamenti altri non sono che conti, marito e moglie, naturalmente molto benestanti, residenti nella loro tenuta in Toscana. E i cui blasonati nomi resteranno top secret (almeno fino a quando «Le Iene» non li scoveranno).


Tra i 76 appartamenti c’è anche uno studio medico e molti privati che, per non essere disturbati dall’andirivieni notturno, hanno pensato bene di esporre cartelli del tipo «solo famiglie». Sono loro che sperano di più nella promessa fatta ieri dagli investigatori: «Siamo solo all’inizio».

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