«Rivoluzionario» non solo nel calcio, non solo col Milan di Arrigo Sacchi e negli ultimi tempi con il Monza di Raffaele Palaldino. «Silvio Berlusconi è stato un poliedrico uomo di sport...» ha detto ieri il presidente del Coni Giovanni Malagò salutandolo per l'ultima volta. E a Milano dal rugby al volley, dal baseball all'hockey la sua è stata una stagione vincente con l'avventura cominciata negli Anni Novanta della Polisportiva Mediolanum. Un'idea di sport a 360 gradi che ha provato a mettere insieme mondi fino ad allora distanti sull'esempio di grandi club come Madrid e Barcellona.
Nei primi anni di vita della Polisportiva a coordinare tutte le attività fu Fabio Capello che poi, dal 1991, divenne il successore di Arrigo Sacchi sulla panchina di quel «magico Milan» a cui assicurò nuove vittorie. Ma il calcio è sempre stata una storia a parte. L'altra avventura della Polisportiva cominciò con il baseball che con Milano vinse due Coppe Italia (1990, 1991), due Coppe delle Coppe (1991, 1992) ed una Supercoppa (1992). Poi arrivò l'hockey su ghiaccio-spettacolo con grandi nomi sbarcati da Oltreoceano e Milano conobbe il suo massimo splendore. I Devils di Berlusconi vinsero tre scudetti consecutivi (1992, 1993, 1994) ed un'Alpenliga (1991). Gli avversari in quegli anni erano il Milano Saima ed il Bolzano.
Dal ghiaccio al volley. Nella pallavolo il Gonzaga Milano targato Mediolanum conquistò due Coppe del mondo per club con due campioni di quella «generazione di fenomeni» come Andrea Zorzi e Andrea Lucchetta (1990, 1992) ed una Coppa delle Coppe (1993) scrivendo pagine storiche di stagioni che fecero diventare di casa in città la grande pallavolo. Nel rugby più o meno lo stesso copione. L'Amatori Milano centrò quattro scudetti (1991, 1993, 1995 e 1996) ed una Coppa Italia, quella del 1995, e i giocatori simbolo furono Diego Dominguez, Massimo Giovanelli, Franchino Properzi, i fratelli Cuttitta e David Campese. «Con l'idea della polisportiva ci ha fatto rifiorire - ricorda Dominguez -. Ci ha portato in televisione, ha appassionato la gente ci siamo ritrovati all'improvviso a fare foto con i tifosi...». «Mi ricordo che andai in tv a una trasmissione del mattino dove c'erano anche lui e Bruno Vespa - ricorda l'ex numero dieci azzurro, vero monumento del nostro rugby -. E non era mai successo. Ho ottimi ricordi di lui, era una persona che ho stimato tantissimo e oggi sono molto triste...».
Malinconia condivisa anche da un suo «avversario» di sempre, nel calcio però. «Uno dei motivi per cui presi l'Inter era anche quello di entrare in gara con lui, illudendomi di riuscire a creare una squadra come il suo Milan - ricorda Massimo Moratti -.
Lui era presidente e avrebbe voluto anche essere allenatore e giocatore. Un onore essere stato suo amico, tra di noi non c'è mai stata una battuta antipatica. Cosa mi disse dopo il Triplete? Mi chiamò dicendo che non era invidioso di nulla perché aveva vinto tutto...».
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