«Silvio coniglio». E Fini se la ride con Di Pietro

RomaIl ruggito del coniglio ha conquistato Fini. L’intesa con Di Pietro ormai è forte, anche se Tonino può rivendicare di essere arrivato prima, l’altro è un epigono. Di Pietro non manca di fantasia, ogni intervento in aula è una festa: una volta parla di ruffiani, l’altra di magnaccia, poi di corruttori, stavolta di conigli. Che sarebbero il premier e anche Frattini. Il primo per non essersi presentato alla Camera a riferire sulla guerra in Libia, il secondo per essere uscito dall’aula dopo il primo «coniglio!». Il bello è che Fini, presidente super partes dell’assise, quasi fosse la spalla di una coppia da varietà, ha assecondato il numero di Tonino, con un altro colpo di teatro. Ha ripreso l’ex pm invitandolo a moderare il tono e il linguaggio, ma precisando: «Non è quella (coniglio, ndr) l’espressione che le contesto». Poiché Tonino prima di «coniglio» aveva detto a Frattini «non fugga via, si assuma le responsabilità», si evince che è quest’ultima l’espressione che secondo Fini va assolutamente censurata perché indegna di un parlamentare. Un criterio singolare, ma non sorprende più di tanto nella lotta all’arma bianca che Fini ha ingaggiato con Berlusconi da quasi due anni. Anche la storia della «cacciata» di Fini dal Pdl dev’essere riscritta, e qualcuno ci sta già pensando.
È curioso che sia il delfino dell’ex delfino Fini, e cioè Bocchino, a iniziare la revisione storica della diaspora finiana, con un libro. Il capetto finiano, ormai straripante di sè, ha debordato addirittura in un’autobiografia, tipo rockstar (l’insuccesso dà alla testa, dice il poeta), che la Longanesi sta centellinando alle redazioni manco fosse un nettare prezioso (ragazzi, è Bocchino, mica Borges). L’onorevole ci insegna che l’idea di rompere il Pdl non è stata di Berlusconi, come nella famosa vulgata da t-shirt, ma di Fini. Ohibò, e il «Che fai mi cacci»? No, spiega il vice-Gianfranco, è stata di Gianfranco in persona, che da tempo meditava un appoggio esterno al governo del Cavaliere oscuro. La scoperta dell’acqua calda però. È noto come l’entourage di Fini meditasse lo sganciamento almeno dal 2009, molto prima che qualcuno nel Pdl osasse soltanto immaginare un allontanamento di Fini dal partito. La verità è che la strategia finiana puntava a un logoramento interno, senza strappi decisi, troppo rischiosi. Ma è andata male. Però già due anni fa negli ambienti di Farefuturo si lavorava al tradimento di Berlusconi, in modo anche incauto (sono molti gli ex collaboratori della fondazione finiana che ricordano, in tempi non sospetti, gli input fortemente anti-Cav che arrivavano dai dirigenti del think tank finiano).
Tornando alla grande affinità elettiva tra Di Pietro e Fini, si registra la sorpresa dello stesso Tonino, che dopo essere stato redarguito del presidente della Camera, ma non per l’insulto, ha incassato il colpo inatteso: «Prendo atto che la pensa come me». Fini ha fatto il paio sposando anche la tesi iniziale del leader Idv, cioè che l’assenza del premier in aula fosse «inopportuna». Una coppia di fatto, chissà cosa riserva il futuro. E Berlusconi? Per metà giornata è girato il seguente racconto, che spiega meglio di un saggio politico la differenza antropologica tra il premier e il presidente della Camera. Berlusconi, a Palazzo Grazioli insieme ai deputati Responsabili, si sarebbe esibito in un remake molto particolare di «Se mi lasci non vale», vecchio pezzo del tombeur de femmes spagnolo Julio Iglesias. Solo che nei panni della donna c’è Fini, e in quelli di Iglesias Berlusconi, il quale avrebbe inserito anche un refrain sulla vicenda della casa di Montecarlo («lascia la casa, lasciala a un altro...»). La cover berlusconiana ha suscitato - raccontano fonti non ben indentificate - ilarità e applausi da parte dei Responsabili, che in alcuni passaggi avrebbero anche accompagnato l’esecuzione intonando un coro.
A proposito di Bocchino e memorie ex finiane, anche la vedova Tatarella (padrino politico di Bocchino e di An) ha ricordato qualcosa. «Con mio marito in vita mai si sarebbe arrivati alla rottura tra Fini e Berlusconi. A Italo manca la maturità. Oltre a ricordare Pinuccio affettivamente, dovrebbe ripassare in solitudine i suoi insegnamentì. Lui e gli altri falchi futuristi sono troppo antiberlusconiani». Le parole della vedova di Pinuccio Tatarella hanno trovato una replica violenta e acida in Generazione Italia, l’associazione di supporto al Fli creata da Bocchino.

«Tendiamo a diffidare di chi scopre l’uso del cognome del marito solo dopo una scomparsa prematura - scrivono i giovani finiani, con pessimo gusto - che sull’onda dell’emozione ha aperto alla signora Filipponio la strada a incarichi in un campo che aveva sempre denigrato». Poi parlano della macchina del fango.

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