La sindrome-Moss: in analisi per liberarsi dagli amori sbagliati

Eleonora Barbieri

da Milano

Tre volte a settimana dallo psicologo, per cercare di risolvere i suoi problemi di dipendenza: è la nuova ricetta di Kate Moss, non contro la droga, bensì contro la sua attrazione irresistibile verso i cattivi ragazzi. Sbandati, instabili, pseudo-maudit del XXI secolo, uomini alla Pete Doherty, estremità maschile di un eterno tira e molla che appare incomprensibile a gran parte dei fan della modella inglese: perché una donna bellissima e famosa non si libera una volta per tutte di uno che non è soltanto dipendente dagli stupefacenti, ma che non riesce a metter piede in un Paese straniero senza essere bloccato alla dogana, quando non dà spettacolo già in aereo (l’ultima volta ha lasciato una siringa sporca alla toilette) e che, come segno di originalità e galanteria, spruzza di sangue i giornalisti?
Kate ha sempre amato esibire i suoi lati più torbidi ma, dopo lo scandalo della cocaina, ha deciso di rinnovare la sua immagine da bella e maledetta, curandosi in una clinica dell’Arizona. La polizia di Londra l’ha scagionata da ogni accusa, la carriera prosegue a gonfie vele, ammiratori e flirt non le sono certo mancati, ma la Moss è perseguitata dalla sua passione per Doherty, insana quanto inspiegabile. Ora però, su consiglio dell’amica Sadie Frost, ex moglie dell’attore Jude Law, la modella ha deciso di andare da uno psicologo per guarire dalla sua propensione per gli sbandati, dall’ex-tossicodipendente Russell Brand al musicista Anthony Rossomando, fino al terribile Doherty: «Vuole capire il perché - ha spiegato un amico al Daily Mirror -: Kate è convinta che la sua attrazione per gli uomini selvaggi dipenda dal trauma della separazione dei suoi genitori, quando aveva solo 13 anni». Fissarsi con la persona sbagliata è infatti un errore che può capitare ma, quando avviene ripetutamente, significa che è successo qualcosa, fin dai primi giorni della nostra esistenza: «Il primo rapporto d’amore è quello con la madre: a seconda della risposta, positiva o negativa, ai nostri richiami, l’impronta che ci segna è la sensazione di essere amati o, al contrario, di essere in pericolo - spiega Maria Rita Parsi, psicoterapeuta e autrice del libro L’amore dannoso. Come uscire dal labirinto dei rapporti sbagliati -. I rapporti fra le persone intorno a noi influenzano la nostra percezione dell’amore: se cresciamo in un ambiente caratterizzato da conflitti, incomunicabilità e destabilizzazione, questa sarà la nostra idea di amore, un amore dannoso». La dipendenza è un corollario: «Non ci si sente liberi e appagati, ma imprigionati. Apparentemente, queste persone cercano una persona che le rassicuri ma, guarda caso, scelgono sempre una figura che ricalca il medesimo copione, nella speranza di trasformarlo, di liberarsi dal maleficio che ne segna l’esistenza. La scelta del partner sbagliato è la misura di quanto noi non ci amiamo: insistiamo in certe sfide - conclude la Parsi - perché vogliamo “superare la prova”: è necessario acquisire consapevolezza e amore di sé, per capire che, in realtà, di questa prova non abbiamo bisogno. Il principe azzurro non esiste: siamo noi il principe azzurro di noi stessi».
Molti, d’altronde, sono convinti di sapere bene quali siano le caratteristiche del partner ideale, anche se puntualmente smentiti: «Quando una persona si rivolge ai nostri esperti - racconta Eliana Monti, titolare dell’omonima agenzia matrimoniale - operiamo una prima selezione in base alle richieste: spesso però i paletti sono troppo rigidi, il quadro è troppo “chiaro” perché possa davvero funzionare e, allora, dopo qualche fallimento, i clienti sono più disponibili a lasciarsi guidare da noi».

L’uomo maledetto, però, continua a esercitare il suo fascino: «Si iscrivono anche alla nostra agenzia e non si capisce perché. Dicono di cercare rapporti duraturi ma, poi, continuano a fare gli instabili: e ci fanno anche penare, perché qualcuna si innamora. Ma non c’è niente da fare: è parte del gioco».

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