A sinistra restano sette dissidenti Maggioranza in bilico al Senato

Solo il Verde Silvestri pronto ad allinearsi. E oggi c’è la direzione dei Comunisti italiani

da Roma

I Fantastici «otto» sono diventati «i magnifici sette». Hanno perso un pezzo, per ora, ma non demordono, anzi: anche dopo aver visto il decreto confermano che a loro il rifinanziamento della missione afghana proprio non va bene. E così i destini dell’Unione, come in una riedizione del Dieci piccoli indiani di Agatha Christie - in queste ore continuano ad essere appesi ai voti della pattuglia di dissidenti della sinistra radicale (un gruppo trasversale che unisce Pdci, Rifondazione e verdi) che continuano a ribadire il loro No.
L’incertezza di Silvestri. Rispetto ai firmatari dell’appello, per ora, l’unica voce che si è leggermente smarcata è quella del senatore del Sole che ride Gianpaolo Silvestri, convinto che le «sollecitazioni» messe nero su bianco mercoledì «abbiano avuto qualche riscontro». Certo, la cautela è d'obbligo: «Stando alle prime notizie - dice Silvestri - un passo nel senso della discontinuità sembra ci sia stato e dunque potrebbe esserci anche quello verso il senso dell'unita». Confermano tutte le loro perplessità, invece, i quattro senatori delle due minoranze di Rifondazione: Claudio Grassi e Fosco Giannini dell’Ernesto (l’ala «destra»), e i due senatori di Sinistra critica, Gigi Malabarba e Franco Turigliatto (l’ala sinistra).
Rifondatori dissidenti. Prendete Grassi, uno solitamente molto pacato: «Abbiamo posto un problema politico - ripeteva ieri - vogliamo discuterlo. Si sapeva che sull'Afghanistan nell'Unione c’erano due posizioni ma, e qui sta la nostra critica, il decreto approvato oggi si muove in sostanziale continuità con quello di Berlusconi, a cui noi abbiamo sempre votato contro. La disponibilità a votarlo da parte dell'Udc ne è una conferma clamorosa». Insomma, grande preoccupazione per i ventilati apporti centristi, e grande dispetto per le pressioni subite: «Se qualcuno pensa di piegarci con la minaccia di elezioni anticipate o provvedimenti disciplinari, ha sbagliato di grosso». Per non dire di Giannini: «Il quadro non mi sembra cambiato. Semmai è peggiorato. E se nel provvedimento finale non ci sarà alcune riferimento a un «piano di rientro, io riconfermo il mio no».
La direzione del Pdci. E al computo dei ribelli che hanno firmato il manifesto, Romano Prodi deve aggiungere anche la situazione del Pdci, dove la coppia Oliviero Diliberto e Marco Rizzo si prepara a una trattativa al cardiopalma, ma dove anche la base del partito ribolle di insoddisfazione. Il partito si riunisce oggi a Roma per una direzione il cui esito non è ancora scritto.
Il problema dell’Udc. Certo, qualunque sia il risultato di queste trattative, anche il già annunciato sostegno dell’Udc è un problema per la maggioranza. A sinistra c’è chi lo considera «un bacio della morte» (Marco Rizzo), chi invita Romano Prodi a rifiutarli platealmente (Oliviero Diliberto), chi come Antonio Polito - sul fronte opposto della Margherita - non disdegna affatto l’idea di incassare il sostegno di Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa: «Con un tipico rigurgito di tafazzismo della sinistra italiana, gli otto senatori kabulisti stanno facendo del loro meglio per nascondere la grave crisi politica che agita il centrodestra, mettendo sul proscenio quella che stanno provocando nel centrosinistra: i voti dell’opposizione - sostiene l’ex direttore del Riformista - non comportano nessuno scandalo».
Polemica Strada-Parisi. E per completare il quadro non si può non citare lo scambio di fendenti fra il leader pacifista e chirurgo di guerra Gino Strada e il ministro della Difesa Arturo Parisi. Solo pochi giorni fa i due si incontravano in Afghanistan scambiandosi professioni di stima. Ieri, dopo l’appello di Strada alla «Disobbedienza» rivolto ai parlamentari ulivisti il ministro ha risposto con una frecciata al curaro: «A Kabul - racconta Parisi - siamo andati anche da Gino Strada. Lui mi ha detto che i militari non servono e che a suo giudizio non c'è molta differenza tra gli uni (quelli occidentali della forza Isaf, ndr) e gli altri (i gruppi armati afghani).

Io rinnovo il mio totale apprezzamento per il lavoro che Strada sta facendo a Kabul - osserva non senza malizia - ma non condivido questo giudizio. La sua esperienza lì esiste anche perché c'è chi mantiene l'ordine e la sicurezza». Ovvero la missione militare italiana.

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