Distinta, affabile, ben vestita, dotata di un eloquio fluente e di un italiano pulito e preciso. Proprio come si addice a una signora cinquantenne che si presenta per conto di unassociazione nazionale di aiuti per i portatori di handicap. «Adriana Grechi è la classica milanese insospettabile e per questo ha avuto tutto questo successo come truffatrice: è sempre stata estremamente credibile con le persone con cui si è relazionata. E nemmeno suo marito, che la sapeva disoccupata, si è mai accorto di nulla» spiegano i carabinieri della compagnia «Porta Magenta». Sono stati loro a portare alla luce una lunga serie di truffe ai danni di nuclei famigliari con parenti disabili con un giro daffari che, dal 2004 ad oggi, avrebbe fruttato alla signora Grechi poco più di 70mila euro per un totale di oltre un migliaio di nuclei famigliari truffati in tutto il nord Italia, 230 solo a Milano città e solo negli ultimi 10 mesi. La Grechi chiedeva un contributo di almeno 30 euro mensili (ma se cera chi non poteva permettersi di sborsarne più di 10 cera anche chi talvolta ne offriva anche 500) rivolti alla ricerca medica e al sostegno di portatori di handicap. Attraverso questo contributo versato alla Grechi e da lei stessa ritirato porta a porta ogni mese dietro rilascio di ricevuta, la famiglia in questione si sarebbe assicurata, in caso di bisogno, le prestazioni dellassociazione. Una sorta di assicurazione, insomma, per malattie come distrofia muscolare, sindrome di down, paraplegia spastica e via di seguito.
«Crediamo che la donna confidasse sul fatto che, prima che la famiglia del disabile avesse bisogno di rivolgersi materialmente allassociazione e si accorgesse che il denaro versato non le era mai arrivato, lei avrebbe messo insieme un bel gruzzoletto» raccontano ancora i militari. E la signora aveva fatto bene i suoi calcoli. Basti pensare che la macchina investigativa si è messa in moto solo una decina di giorni fa. Cioè quando i genitori di una giovane donna in carrozzella, che dal 2004 versavano ogni mese, puntualmente, alla Grechi, i 30 euro mensili, si sono rivolti ai carabinieri dopo aver scoperto che listituto indicato dalla donna come cosiddetto «referente di zona» dellassociazione (realmente esistente, con sede a Bologna e con la quale la Grechi aveva realmente collaborato, un tempo, per poi venirne allontanata) in realtà non cera. E perché cominciavano a nutrire seri dubbi sulla validità delle ricevute rilasciate a fronte del pagamento.
Dopo questa prima denuncia, per arrestare in flagranza la Grechi, i militari le hanno teso una trappola. E hanno fatto in modo di essere presenti, in qualità di amici, al momento della riscossione del denaro a casa della famiglia in questione. Quando la donna ha consegnato la ricevuta (poco più di una fotocopia) loro glielhanno contestata, rivelando la loro vera identità e mettendola davanti al suo crimine.
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