La Spagna fa «olè» anche sul green: Larrazabal trionfa all’Open di Francia

Fine settimana all’insegna della Spagna. Se agli Europei di calcio gli iberici hanno consacrato il Niño Torres, nel mondo del golf, dopo Garcia, abbiamo scoperto, forse, il nuovo Niño del futuro: Pablo Larrazabal.
A Parigi, sul percorso «scozzese» del National, questo ragazzo - Pablo - di 25 anni, arrivato sul grande Tour europeo quest’anno, ha davvero impressionato. Ha vinto l’Open di Francia, torneo più antico del continente europeo (nato nel 1906), ha portato a casa 666mila euro, entrando di prepotenza tra i primi 10 giocatori dell’ordine di merito europeo, ma soprattutto ha impressionato per il suo gioco impulsivo e guascone e per aver messo in riga un lotto di partenti fra i più qualificati. E soprattutto lasciato alle sue spalle due mostri sacri quali Colin Montgomerie e Lee Westwood che, in cuor loro, pensavano di mettere in riga senza problemi un ragazzino che si trovava per la prima volta a competere con i grandi.
Non so se sul percorso del National di Parigi è nata una nuova stella, il Ballesteros, l’Olazabal, il Garcia del prossimo futuro, certo è che questo Pablo mi sembra avere tutte le carte in regola.
Ha guadagnato l’ammissione al Tour conquistando la decima carta utile alle qualificazioni del 2007, ha conquistato un posto all’Open di France giocando le prequalifiche, è andato in testa nel primo giro e non ha più mollato l’osso. Tutti pensavano che la pressione si sarebbe fatta sentire almeno sulle ultime 18 buche, dove Larrazabal partiva con tre colpi di vantaggio su Colin Montgomerie e Soren Hansen e quattro su Lee Westwood, tre giocatori di esperienza, due dei quali - Colin e Lee - di livello mondiale. Pablito è andato dritto per la sua strada, spavaldo come un giovane intrepido toreador e pronto a matare i tori che hanno cercato di incornarlo.
Un solo momento di panico - più per i suoi fan che per lui - quando alla 9 ha subito un doppio bogey che sembrava poter riaprire i giochi. Un attimo ed il Niño è tornato a toreare con veroniche - leggi birdies - alla Dominguin. Alla fine non ce n’è stato per nessuno, Monty, Lee e Soren hanno dovuto alzare bandiera bianca davanti al venticinquenne di Barcellona che, osannato dai suoi colleghi in campo, è stato letteralmente gettato - in festeggiamento - nel lago della 18, dopo aver tagliato il traguardo con 4 colpi di vantaggio su un ottimo Montgomerie, 5 su Hansen e addirittura 7 su Westwood.
Non credo che Larrazabal sia un fuoco di paglia, il prossimo futuro ci dirà se è una nuova star, ma sicuramente un Pablito - a livello di carisma - vale ben più di quello che il Tour americano sta producendo tra le sue giovani leve di bandiera prettamente yankee.
Per i colori azzurri, l’Open di Francia ha regalato, fino a due buche dal termine, un grande Francesco Molinari, che era riuscito con 6 birdies a rimontare la classifica fino al 7° posto. Poi, l’imprevedibile ed anche incomprensibile finale: un bogey e un doppio bogey nelle due buche finali (voglia di strafare o pressione da un campo che non perdona sulle ultime buche?) che lo hanno relegato a un pur buono 13° posto, ma che gli sono costati quasi 100mila euro di montepremi e una scalata importante nell’ordine di merito europeo.

Peccato, ma bravo lo stesso, Chicco!
Negli States, una grande Giulia Sergas che nell’Open degli Stati Uniti femminile con il miglior giro (70 colpi, 3 sotto il par) finale è risalita dalla 20ª alla 6ª posizione. Vittoria, la prima in carriera, per la diciannovenne asiatica Inbee Park, solo alla sua seconda stagione sul Tour e ora più giovane vincitrice del massimo torneo femminile statunitense.

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