Adulatore e livoroso, ecco il Puccini "stonato"

Adulatore e livoroso, ecco il Puccini "stonato"

Che Puccini avesse un caratteraccio lo si sapeva. Lo testimoniano i suoi carteggi pieni di livore verso i colleghi. Ma forse ancor più interessante è il camaleontico Puccini che emerge - e per questo occorre plaudere all'editore Olschki che pubblica tutte le lettere pucciniane - nel secondo volume dell'Epistolario appena uscito, a cura di Gabriella Biagi Ravenni e Dieter Schickling (pagg. 704, euro 80). Questo secondo tomo contiene 863 lettere e copre il periodo 1897-1901, un quinquennio densissimo che vide la conclusione di Tosca e l'inizio della genesi di Madama Butterfly.

Si diceva di un Puccini camaleontico. Già, perché se anche qui non mancano le lettere velenose su/contro i colleghi compositori (l'odiatissimo Leoncavallo «Leonbestia» o «cleptomane salumiere», ad esempio), interessante è vedere come Puccini si comportasse opportunisticamente nei confronti dei giornalisti e dei critici musicali: amichevole e adulatorio con gli autori di recensioni favorevoli, polemico e malmostoso con i giornalisti più critici. Anzi, Puccini stesso rese noto il suo doppiopesismo quando all'amico compositore Arturo Buzzi-Peccia consigliò di accattivarsi i critici musicali con una perifrasi non delle più raffinate: «Guarda di lambire i deretani dei botoli di Guttemberg e fallo con grazia e leggerezza umettando a dovere gli usati loro sfinteri per l'introduzione del tuo turgido cosmos». Ben diverso, invece, l'atteggiamento verso i critici musicali favorevoli. Quelli di Primo Levi erano «geniali articoli», «buoni e competenti articoli»; ancor più melenso era con il «mago della penna» Eugenio Checchi del Fanfulla: «Lessi, mi beai nella tua elce prosa e approvai contenuto arrossendo per le espressioni gentili à mon égard». Quella per i critici musicali compiacenti fu un'adulazione così ruffiana e sperticata da passar sopra anche all'astio viscerale per Leoncavallo.

Valga l'episodio accaduto nel luglio 1897, quando Jules Claretie, critico del Figaro, aveva attribuito, in occasione di un'esecuzione a Berlino, La bohème pucciniana proprio a Leoncavallo, ma lo fece in una recensione elogiativa: nessun problema, assicurò Puccini, che si limitò a chiedere la rettifica di un semplice «lapsus calami». Tutte le manie di persecuzione o boicottaggio della stampa verso la sua musica erano miracolosamente sparite.

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