Avventura e scienza a folate, seguendo le strade dei venti

Nei libri del giornalista Nick Hunt e del biologo Bill Streever la magia e lo studio dei fenomeni atmosferici

Avventura e scienza a folate, seguendo le strade dei venti

Che il vento possa diventare un'ossessione non è difficile crederlo, specie se si trascorre la vita in una di quelle zone battute senza posa da raffiche che rendono difficile uscire di casa, fastidioso svolgere qualsiasi attività e, a volte, impossibile camminare. Non solo, dicono che il vento, qualunque vento, influisca non poco sull'umore, sia causa di mal di testa e isterie assortite, silenzi e litigi. Quasi ci fosse un rapporto causa/effetto tra velocità dell'aria e vortici della mente umana. Del resto c'è sempre un che di misterioso e terribile nei racconti di chi ha a che fare con i venti, siano essi i nostrani Bora e Scirocco, o i temibili uragani che con invidiabile regolarità si abbattono sulle coste americane sul finir dell'estate.

Con queste catastrofiche premesse, sulle prime è difficile capire come ci si possa appassionare ai venti, a meno di non essere il velista Giovanni Soldini. Eppure negli ultimi mesi sono usciti due volumi collocabili nella vasta categoria dei libri che genericamente definiamo «di viaggio», e che inseguono i venti e le loro leggende. Il primo, il più letterario e piacevole dei due, è opera del giornalista britannico Nick Hunt, uno che in passato si è messo in cammino per ripercorrere il tragitto di Patrick Leigh Fermor - il vero totem della recente letteratura di viaggio britannica, con Bruce Chatwin - lungo tutta Europa, dall'Olanda al Bosforo. Questa volta in Dove soffiano i venti selvaggi (Neri Pozza, pagg. 304, euro 17, traduzione di Laura Prandino; l'autore sarà ospite domenica del festival «La grande invasione», in corso a Ivrea) è partito per trovare un senso alla sua passione per queste forze invisibili eppure ben presenti nelle coscienze dei viaggiatori. Hunt racconta che da ragazzino rischiò addirittura di essere portato via da un colpo di vento, e la madre lo acchiappò quando già si stava sollevando da terra. Vero o falso che sia poco importa: ciò che conta è che quell'episodio ha dato il via alla sua curiosità di andare a conoscere i luoghi dominati di venti. Luoghi a noi più noti, come il Carso battuto dalla gelida bora di cui quasi tutto sappiamo, o le Alpi della Svizzera centrale riscaldate dal Föhn (il Favonio), un vento caldo che non per nulla ha dato il nome all'asciugacapelli.

Territori affascinanti ed estremi, come il Crau e la Camargue francesi, dove il vento disegna il paesaggio, spogliandolo degli alberi, obbligando i contadini a costruire abitazioni rustiche e possenti, dove tutte le pareti esposte a Nord non possiedono nessuna apertura, perché il Mistral soffia troppo forte. Zone sconosciute, come i monti Pennini Settentrionali nella Cumbria britannica: i cugini brutti e poco frequentati del Lake District, che dista meno di 30 chilometri ma è stato il magnete per qualunque poeta britannico degno di questo nome arrivato fin lassù in cerca di ispirazione. Qui Hunt si mette in marcia sul Cross Fell, tecnicamente una montagna, anche se sembra più che altro un gigantesco altipiano assolutamente desolato, per fare esperienza dell'Helm, un vento «piccolo» ma potente che soffia da Est, compare all'improvviso e batte instancabile queste lande. Un vento demoniaco, il cui mormorio somiglia al linguaggio umano, pieno di gemiti e ululati, il cui racconto costituisce di certo la parte più interessante e godibile del libro.

Il secondo libro, Leggere il vento, è opera di Bill Streever ed è pubblicato da Edt (pagg. 328, euro 22, traduzione di Anna Lovisolo), che già aveva tradotto altri due libri del biologo e scrittore canadese, uno dedicato al Gelo e l'altro al Calore. Tanto Nick Hunt è letterario nella suo racconto, quanto Streever è piacevolmente scientifico, in quel modo colto ma leggero che sembra esclusiva degli autori dell'altro lato dell'Atlantico. Per comprendere i venti Streever, quasi digiuno di arte marinaresca, si mette in mare in compagnia della moglie a bordo del Rocinante, una barca a vela di piccole dimensioni con cui affronta i venti e le bonacce del Golfo del Messico. Un'esperienza che serve da filo conduttore per ciò che più che un vero libro di viaggio è un godibile saggio sull'evoluzione della meteorologia e delle previsioni, da Aristotele a oggi. Un libro in cui si imparano un sacco di cose, per esempio che al mondo esistono circa sessanta venti che spirano abbastanza frequentemente da meritarsi un nome; che le previsioni possono essere accurate fino a un massimo di tre giorni, altrimenti siamo nel campo delle scommesse; che per comprendere le previsioni bisogna accettare il loro carattere di incertezza, perché nonostante la nostra ansia di controllo «i venti fondamentalmente fanno quello che vogliono e non quello che ritengono gli essere umani armati di fisica, matematica e computer».

Ma in definitiva, che cos'è il vento? «È aria che si muove, da sacche di alta pressione verso sacche di bassa pressione, in cerca di equilibrio, di stabilità e di bilanciamento», spiega Streever.

Non c'è niente di difficile in questo, eppure una faccenda che sembra a prima vista così semplice è meravigliosamente complessa; così complessa che sono serviti due libri per capire qualcosa di più di questa che, per molti, è un'ossessione da inseguire per tutta la vita.

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