Curioso che, alla Festa del cinema di Roma, la proiezione per la stampa e gli accreditati con più risate e applausi a scena aperta sia stata, l'ultimo giorno utile, quella di una serie tv. Certo stiamo parlando del fenomeno di culto di Boris che, a dieci anni dalla terza stagione che sembrava ormai essere l'ultima, quasi a furor di popolo (dopo il recente successo su Netflix con una nuova generazione di spettatori), ha visto nascere ora la quarta, che debutterà, dopo l'anteprima romana stasera per il pubblico, il 26 ottobre in esclusiva su Disney+ con tutti e gli otto episodi.
Prodotta da Lorenzo Mieli (che era alla Fox quando iniziò la serie) per The Apartment, società del gruppo Fremantle, scritta e diretta da Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo dopo la triste scomparsa, nel 2019, di Mattia Torre, Boris 4 è una ventata di ossigeno nel poco frequentato genere comedy grazie a cui riesce a mettere alla berlina, ancora una volta, il mondo seriale italiano. Nei primi Boris veniva presa di mira la tv generalista la classica fiction di Raiuno per intenderci (vi ricordate la parodica Gli occhi del cuore con Corinna «la cagna maledetta»?) mentre ora, visti i tempi, sono i prodotti per le piattaforme a essere perculati.
C'è sempre Renè, il regista (Francesco Pannofino), che ora deve girare Vita di Gesù da un'idea di Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti) che ne è protagonista insieme a Corinna (Carolina Crescentini), sicuramente perché è anche il produttore, visto che ha 50 anni e Gesù è morto a 33. Ma, in generale, quasi tutti i protagonisti della serie hanno fatto carriera e si trovano ora in posizioni decisionali che però non li mettono al riparo delle nuove modalità produttive della piattaforma molto attenta al responso dell'algoritmo e al politicamente corretto con tanto di corsi comportamentali obbligatori per la troupe dove, ad esempio, censurano il turpiloquio del povero Biascica, il capo elettricista interpretato da Paolo Calabresi.
Il dietro le quinte di Boris 4, ovviamente esasperato, è quello di un mondo fatto anche di approssimazione, meschinità, cattiveria. Tutti aspetti negativi certo, ma che la scrittura amorevole degli autori trasforma sempre in uno dei tanti aspetti, umani, della vita.
Non c'è infatti uno solo dei tanti personaggi della serie a cui lo spettatore non finisca per volere bene. Neanche ovviamente al trio dei cinici sceneggiatori tra i quali c'è, anche in questa stagione, quello fantasmatico interpretato da Valerio Aprea ossia l'indimenticato Mattia Torre.
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