Canzoni, Tai Chi e flipper. Ecco l'archivio di Lou Reed

Alla Public Library di New York, una scelta delle carte e dei nastri lasciati dalla rockstar. Molte le sorprese

Canzoni, Tai Chi e flipper. Ecco l'archivio di Lou Reed

Lou Reed a Times Square, New York, impegnato in una eterna partita a flipper. «Era un Pinball Wizard, come nella canzone degli Who. Se ne stava in sala giochi per ore, in attesa di eventuali avventure» dice Garland Jeffreys, cantante di culto con qualche discreto successo negli anni Settanta. Jeffreys, per Reed (1942-2013), è l'amico di una vita: si conoscono da ragazzini, bazzicano le stesse strade, prima di ritrovarsi alla Syracuse University. Lou si laurea in Letteratura. Garland in Storia dell'arte. Nel frattempo iniziano a calcare gli stessi palcoscenici, e negli anni Settanta un Lou quasi famoso si porterà in tour, come spalla, proprio Garland. Entrambi facevano parte del cenacolo di Delmore Schwartz, grande poeta, una celebrità negli Stati Uniti, uno sconosciuto in Italia, dove purtroppo si trovano con facilità solo i racconti di Nei sogni iniziano le responsabilità (Neri Pozza). Avete presente Il dono di Humboldt, capolavoro di Saul Bellow? È un romanzo a chiave, e Humboldt è Delmore Schwartz, un enorme talento annegato nell'alcol. Le lezioni di Schwartz cominciavano in classe ma finivano al bar, dove il poeta teneva banco. Jeffreys: «Delmore una volta mi disse di essere preoccupato per Lou, perché beveva troppo. Delmore!».

Lou era l'allievo prediletto. Schwartz era convinto dovesse votarsi alla poesia, lasciando perdere le canzonette. Reed passerà la carriera cercando di dimostrare al maestro, evocato nel solenne brano My House, che si può fare poesia anche con le canzonette. Lou scrisse anche una prefazione ai racconti di Schwartz: l'originale si può vedere alla New York Public Library, che inaugura una mostra su Lou Reed dopo averne catalogato tutto il materiale consegnato dalla moglie Laurie Anderson. Lou Reed: Caught Between the Twisted Stars è aperta fino all'inizio di marzo 2023 ma molto si può vedere, leggere e ascoltare on line. Basta andare sul sito e seguire le istruzioni. Scoverete quasi subito La storia orale di Lou Reed, curata da Laurie Anderson e Dan Fleming, da cui provengono le parole di Jeffreys qui citate ma c'è veramente di tutto: lettere, memorabilia, testi letterari, abbozzi di canzoni, una ricca selezione di spade (Lou era appassionato di arti marziali) e soprattutto le primissime incisioni dei Velvet Underground, quando la band aveva solo due membri, Lou Reed e John Cale. Brani passati alla storia per il suono abrasivo, come I Am Waiting for the Man, erano, in origine, ballate folk blues. La voce di Lou suona esitante. Sembra impossibile la rapida trasformazione che di lì a qualche mese farà di lui il più gelido e caustico crooner del rock. Alcune canzoni si possono già ascoltare ma l'appuntamento è per fine agosto, quando vedrà la luce Words & Music, May 65, con una scaletta piena di titoli rari o inediti. Questi nastri hanno una storia particolare: Lou li spedì a se stesso per rinnovarne il copyright ma non aprì mai il pacco. Sono rimasti chiusi nella scatola per cinquant'anni esatti, fino a quando Laurie Anderson e Don Fleming li hanno ritrovati con sommo stupore.

Un altro capitolo musicale importante riguarda la discoteca di Lou, un uomo dagli interessi molto vasti, a quanto pare. Seguendo i link del sito, potete arrivare in pochi clic alla playlist che mette in fila alcuni dischi della collezione di Reed, i più inattesi. I gusti di Lou sono noti: amava le armonie vocali e i ritmi sincopati del doo-wop; il rock'n'roll delle origini; Iggy Pop e David Bowie (anche se lo avrebbe ammesso malvolentieri). Per questo stupisce trovare il pop anni Ottanta dei Culture Club e all'estremo opposto il violento trash metal dei Megadeth. Ci sono le interpretazioni orchestrali dei Beatles ma soprattutto gli album sperimentali di Yoko Ono (che alcuni preferiscono ai classici del marito John Lennon). Ce lo vedete Lou che ascolta Time of My Life dalla zuccherosa colonna sonora di Dirty Dancing? Da oggi in avanti, sì. Potete immaginare Reed che la alterna con i singoli dei Bee Gees. Poi ci sono dischi appena più scontati, ma non troppo: Elvis Costello, gli Smiths, i Queen. Ci sono cafonate come Meat Loaf e delizie come Edie Brickell. Abbondano i Dire Straits e Mark Knopfler. Scavando si trovano pepite come il trio vocale delle Roches.

Enorme la mole di carte (e oggetti) che riflettono la profonda passione di Lou per il Tai Chi. C'è una lettera in cui Reed spiega che il Tai Chi «mette in comunicazione con l'energia dell'universo. Sì: l'energia nascosta dell'universo». Ci sono, come già accennato, spade preziose, video-lezioni e appunti per la fase meno conosciuta della carriera di musicista, quella finale, ovvero i dischi del Metal Machine Trio, un mostruoso caos organizzato, tra elettronica e rumore. Risultato: una serie di lunghe improvvisazioni estremamente energiche eppure adatte per la meditazione.

Un aspetto da riscoprire, non è un Lou Reed minore, come spesso viene considerato. Al contrario, il Metal Machine Trio è uno dei risultati più convincenti della sua ricerca sonora, e chiude un cerchio perché idealmente è vicino alla sperimentazione dei Velvet Underground.

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