Cipriani, re delle colonne sonore "Una vita da Cameron a Mogol"

A 73 anni Stelvio Cipriani non ha esaurito la sua vena creativa. "Ma oggi non c’è più grazia". E, da maestro, valuta gli artisti contemporanei: "Ludovico Einaudi? Che noia"

Cipriani, re delle colonne sonore "Una vita da Cameron a Mogol"

Lui della tecnologia se ne frega. Ne ha fatto sempre a meno, a casa non ha neppure un pc. Buon per lui. Ma se non fosse per internet e Youtube probabilmente sarebbe nel dimenticatoio. Stelvio Cipriani è unico nel suo genere, modesto, genuino, incapace nel sapersi vendere. In questo Ennio Morricone è stato più bravo. Eppure, 300 colonne sonore, una decina di 45 giri da collezione, un paio di memorabili sigle Rai sono un tesoro da tramandare. Musica per chi ha un cuore grosso, spesso malinconica, è il suo carattere. Ma per capire la grandezza di Cipriani bisognerebbe ascoltare i suoi dischi, se non fosse che sta diventando maledettamante complicato trovarli con tutti questi negozi che chiudono. E certo lui non si danna l’anima per meditare qualche provvidenziale antologia.
Settantatre anni, romano e romanista, intervistarlo è un’impresa: tu chiedi, lui racconta più che rispondere. Ne ha di cose da dire. Poi si interrompe, siede al piano e suona. E se non suona piazza un 45 giri di Grace Jones (musica sua) su un impianto hi-fi indegno di tale nome. Tipico del musicista, più interessato alle note che al fattore tecnico. Ha un nome che ricorda le scalate. Sin da quando, appena uscito da Santa Cecilia, accompagnava al pianoforte Rita Pavone. «Era il 1964, tre serate a Bari con un caldo infernale e lei che batteva quel martello...».
Benvenuti a casa Cipriani, il più prolifico compositore di colonne sonore vivente. Sta ancora attendendo il giusto riconoscimento e la prossima Festa del Cinema della sua Roma potrebbe essere la volta buona. «Colonne sonore? Ne ho fatte parecchie. Anche una, Piranha Paura nel 1981 per James Cameron, quello di Avatar, che carattere!». Finisce là. Riattacca: «Un giorno, era il 1971, squilla il telefono, è Ringo Starr. Gli era piaciuto il tema della colonna sonora di Blindman, s’era messo in testa di farne un 45 giri, insomma ci voleva cantare sopra e si presentò con l’amico Picchio Infascelli alla Fono Roma. Allora siamo andati a Londra, ad Abbey Road, dove c’era George che stava registrando My Sweet Lord. Lui era più bravo di Ringo a scrivere e avevamo pensato a lui come paroliere. Ma sul più bello arriva uno che lavorava lì, un «certo» George Martin: “Ma che state a fà con questo? Avete un contratto voi”. Dieci milioni di dischi avrei venduto, dieci milioni!».
Il catalogo Cipriani è zeppo di musica bellissima. Anonimo Veneziano ha almeno due temi strepitosi. E lui non si vergogna di rivelare: «In Tempo al tempo ho preso ispirazione dall’incipit dello studio numero 2 di Chopin...». Gli over 40 ricorderanno Dedicato a una Stella, quando era di moda fa piangere, ma anche lo stracult Mark il Poliziotto con quella chitarra wha-wha alla Hendrix. Potrebbe vivere solo con i diritti di Anonimo, la grande occasione nel 1971: «Avevo 33 anni e Enrico Maria Salerno mi chiese di comporre una musica triste che dipingesse un amore e una città che muoiono». Ci è riuscito perfettamente. Stelvio che ha un’attico alla Balduina da dove compone, lui, uscito dal conservatorio, è soprattutto un pianista. Memorabile l’incontro con Rubinstein: «Un giorno si presentò a Santa Cecilia per un recital con i pantaloni enormi e i guanti grigi, un barbone, e si mette ad accordare: non suonò». Poteva permetterselo, lui. «Altro che le “stelle” di oggi che suonano il pianoforte come fosse una macchina da scrivere, senza grazia». Nel 1994 fu invitato da Mogol alla scuola di composizione: «Uno choc, su 21 allievi solo uno era al quinto anno di piano, il problema è che la maggior parte di loro non avrebbe riconosciuto una chiave di casa da quella di violino. E poi oggi sanno solo cantare».
Tra i pianisti adora Baremboim. In Italia ci sono Allevi ed Einaudi. «Einaudi? Ho provato a sentirlo, che barba». Ricorda volentieri Modugno: «Lavorai con lui per la sigla dello sceneggiato Western di cose nostre, la canzone era Un amore mai. Venne a casa e mi baciò le mani, Modugno!». Stelvio fece il botto (45 giri al secondo posto in classifica) con lo sceneggiato Dov’è Anna? che tenne incollati al tv nei martedì di un inverno 1976, 20 milioni di italiani. «Schivazzappa mi chiese una musica incalzante, fu un successo inaspettato...». Cipriani fa progetti dalla mattina alla sera: «Sono tornato da Pompei dove ho presentato la musica di un film su Bartolo Longo, devono solo decidere se farlo per la tv».

Non ha successori, ma c’è «Un mio amico, Marco Celli Stein, che è un ottimo direttore d’orchestra e grande pianista, tra l’altro ha diretto una delle ultime apparizioni di Lucio Dalla, spero sentirete parlare di lui». Poi saluta e comincia a dialogare con l’amico pianoforte, lo farà fino a sera.

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