Di cosa si parla quando si dice: "È populismo"

Il testamento spirituale del sociologo statunitense Christopher Lasch

Di cosa si parla quando si dice: "È populismo"

Giunge particolarmente a proposito la ristampa di un classico del pensiero antiprogressista americano, quella Rivolta delle élite (traduzione di Carlo Oliva, Neri Pozza Editore, pagg. 216, euro 17) che fu il testamento spirituale del sociologo statunitense Christopher Lasch. Raccolta postuma di tredici saggi divisi in tre gruppi, il volume riprende provocatoriamente il titolo da quella «ribellione delle masse» di Ortega y Gasset, che denunciava la politicizzazione delle masse come una minaccia per la democrazia. Oggi, invece, secondo Lasch, il pericolo per la democrazia è rappresentato dalle nuove élite, non più politiche ma intellettuali; banchieri, avvocati, analisti, dirigenti di multinazionali, finanzieri e burocrati che vivono in un mondo virtuale, estraneo alla realtà concreta che, però, pretendono di guidare e dirigere, perché «loro sanno cos'è giusto», oppure, come accade nel nostro caso specifico, «perché ce lo chiede l'Europa». Si tratta, evidentemente, di pretese che cozzano contro le esigenze di una cittadinanza che è, invece, sempre alle prese con una realtà ben diversa, dove i fatti si scontrano con le belle parole, e i diritti non vengono elargiti, ma conquistati e difesi ogni giorno.

Le nuove élite, ammonisce Lasch, parlano solo a se stesse, frequentano club esclusivi, si sentono cittadini del mondo globalizzato e «denunciano le vittime dell'oppressione patriarcale: le donne, i bambini, gli omosessuali e la gente di colore». Le nuove masse, invece, «non rinunciano all'idea della famiglia biparentale, si oppongono a ogni esperimento di stile di vita alternativo» e guardano con aperta disapprovazione all'idea di abolire confini e nazionalità. In queste poche, semplici e addirittura banali considerazioni, che Lasch sviluppa e approfondisce brillantemente, c'è la spiegazione completa ed esauriente dell'avanzata inarrestabile dei movimenti populisti in tutto il mondo globalizzato.

Le élite, che Lasch chiama «classi parolaie», sono quindi responsabili del declino della democrazia, perché i rappresentanti del popolo rappresentano solo se stessi. Le élite si sono allontanate da quella tradizione americana, incarnata ad esempio da John Adams, secondo cui la «pubblica virtù era l'unico fondamento delle repubbliche», come pretendono oggi i tanto disprezzati «populisti». Le loro sono quindi radici profonde, che risalgono alla Rivoluzione americana, dato che, come allora, rifiutano le concessioni del Monarca e sono disposti a prendere le armi per difendere la loro libertà.

La compassione, su cui si regge l'attuale democrazia umanitaria criticata da Lasch, è diventata il volto umano del disprezzo.

Il populismo, al contrario, è basato sui concetti di «rispetto» e di «responsabilità», che prediligono «un modo di agire sincero e un modo franco di parlare», caratteristiche trasformate dagli avversari in rozzezza e ingenuità.

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