Erano le 14,46 dell'11 febbraio 2013 quando un lancio di agenzia segnalò una notizia che sembrava incredibile: Papa Benedetto XVI, «ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà» dichiarava «di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro». Che cosa successe dopo lo sappiamo, ma su quanto era accaduto prima, ovvero sulle cause che portarono a questo evento eccezionale, non trapelò nulla.
Dopo il diluvio di interpretazioni seguite all'evento, che vanno dalle ipotesi complottiste più ardite agli imbarazzanti tentativi di far finta di nulla, torna sull'argomento un saggio di poche ma intense pagine, La rinuncia. Dio è stato sconfitto? (Algra Editore, pagg. 72, euro 6), scritto da un giornalista siciliano, Fabrizio Grasso, già autore di un brillante saggio su Carl Schmitt. È, infatti, il pensiero del grande giurista tedesco a orientare il contenuto del libro, a partire da una frase pronunciata nel maggio 2016 da monsignor Georg Gänswein, che è contemporaneamente Prefetto della Casa Pontificia nominato da Papa Francesco e Segretario personale di Papa Benedetto XIV. Un personaggio, quindi, che svolge il ruolo di cerniera tra i due Pontefici. In un discorso ufficiale, mai smentito né corretto, monsignor Gänswein, commentando l'inedita situazione della Chiesa con due papi dice: «Anche oggi la Chiesa continua ad avere un unico Papa legittimo. E tuttavia, da tre anni a questa parte, viviamo con due successori di Pietro viventi tra noi (...). Molti continuano a percepire questa situazione nuova come una sorta di stato d'eccezione voluto dal Cielo». L'uso specifico del termine «stato d'eccezione», in tedesco Ausnahmepontifikat, richiama all'orecchio sensibile la formula tipicamente schmittiana che definisce il sovrano come «colui che comanda nello stato d'eccezione». Il primo ad accorgersene è il blog del vaticanista dell'Espresso Sandro Magister, dove un brillante canonista collega la situazione della Chiesa attuale allo stato d'eccezione teorizzato dall'autore di Teologia politica, aprendo, quindi una serie di ipotesi che Fabrizio Grasso sviluppa nel suo brillante pamphlet.
Grasso non indulge in ardite ipotesi sedevacantiste o addirittura scismatiche, ma rileva, con delicatezza, la gravità della crisi in atto, dovuta alla voluta e persistente ambiguità della situazione: la legittimità di Francesco è fuori discussione, dato che è il risultato di un atto sovrano del collegio cardinalizio, ma è altrettanto chiaro il ruolo di Benedetto, che «non lascia completamente il ministero petrino».
Per la prima volta, insomma, l'unità della Chiesa si trasforma in dualità manifesta, con la conseguente spaccatura e divisione dell'autorità e della potestà del Papa, che non viene più percepito come unitario, ma divisivo, riproducendo, almeno nell'opinione pubblica, quella contrapposizione amico/nemico che è l'anima della politica. Ecco dunque la sconfitta di Dio del sottotitolo, posto che tra i nomi del Demonio, troviamo Satana, l'avversario, e soprattutto il Diavolo, colui che separa.
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