A confronto, le querelle che vedono protagonista la famiglia Enthoven per la pubblicazione dell'autofiction Le temps gagné, sono bazzecole. Martedì sera, sul sito di Vanity Fair France, la giornalista Hélène Devynck ha provocato un terremoto nel mondo letterario parigino, denunciando in un velenoso diritto di replica l'ex marito e scrittore Emmanuel Carrère, reo di averla utilizzata nel romanzo autobiografico Yoga (P.O.L.) senza il suo consenso, e accusandolo di aver mentito in diversi passaggi del libro.
«Emmanuel e io siamo vincolati da un contratto che gli impone di ottenere il mio consenso per utilizzarmi nel suo lavoro. Non ho acconsentito al testo così com'è apparso», ha scritto Hélène Devynck, già protagonista (consenziente) in Vite che non sono la mia e Il Regno (entrambi editi da Adelphi). Hélène e Emmanuel hanno divorziato a marzo, con la promessa che lo scrittore non avrebbe mai più scritto una riga che sia una sulla loro vita intima. Promessa che era stata messo nero su bianco in un contratto formale. «Negli anni in cui abbiamo vissuto assieme, Emmanuel ha potuto usare le mie parole, le mie idee, tuffarsi nei miei dolori, nelle mie pene, nella mia sessualità: era innamorato e il lavoro svolto nei suoi libri garantiva che la mia persona fosse rappresentata in un modo che si addiceva ad entrambi», spiega la Devynck, che con Carrère ha avuto una bambina. Ma «il nostro divorzio, nel marzo scorso, ha cambiato le carte in tavola. Era d'accordo e lo ha concretizzato in un impegno frutto di una riflessione ponderata: non avrebbe più scritto di me contro la mia volontà per tutta la durata della sua proprietà letteraria e artistica». Tuttavia, aggiunge la giornalista, mentre «negoziava», il suo ex marito «nascondeva il fatto che stava preparando il mio ritratto. L'ho capito soltanto pochi giorni dopo la firma del contratto quando ho ricevuto il manoscritto di Yoga, accompagnato da questa nota: Che io scriva libri autobiografici non deve essere una sorpresa per te. Questa storia sarebbe incomprensibile se non dicessi nulla sul contesto».
I dettagli sulla loro relazione che la Devynck aveva chiesto di omettere, e che Carrère le aveva assicurato di non pubblicare, sono invece presenti nel romanzo che in Francia è in cima alle classifiche dei libri più venduti e che secondo molti è il favorito per vincere il prossimo premio Goncourt. «L'applicazione del nostro accordo si è scontrata con un'aspra resistenza da parte dell'autore. Le mie proposte di dialogo sono rimaste lettere morte. L'editore non ha esitato a mentire, assicurandomi che né io né mia figlia saremmo più apparsi nella versione definitiva, il che non era vero, minacciando azioni penali contro di me se mi fossi rivolta alla giustizia», racconta la Devynck. Quest'ultima, nel diritto di replica al vetriolo che potrebbe mettere nei guai il romanziere francese, ha accusato Carrère, accecato dal suo «ego dispotico» e interessato «ad ammiccare con i giurati del Goncourt», di aver scritto una serie di menzogne sul ricovero in clinica psichiatrica e sulla sua lotta per uscire dalla depressione. «Questa storia, presentata come autobiografica, è falsa, organizzata per servire l'immaginario dell'autore e totalmente estranea a ciò che la mia famiglia ed io abbiamo vissuto al suo fianco». Secondo la Devynck, la descrizione della malattia mentale e delle cure da parte di Emmanuel Carrère, è «compiacente», e gli attacchi di megalomania bipolare che lo rendevano anche violento «sono appena accennati». Anche sul periodo di convalescenza trascorso in mezzo ai profughi di Lesbo, la versione fornita da Carrère è ben lontana dalla realtà. «Il lettore può credere che dopo Sant'Anna, Emmanuel se la cavi con due mesi di viaggio per andare incontro alle vere disgrazie del mondo, quelle vissute dai giovani rifugiati intrappolati sulla strada di una vita migliore nell'isola greca di Lesbo. I due mesi sono durati solo pochi giorni, in parte in mia compagnia.
Ma soprattutto è successo prima del ricovero in ospedale, prima che fosse elaborata la diagnosi su un comportamento insano», rivela Hélène Devynck.Ieri il settimanale Obs si chiedeva se Carrère, tradendo la sua ex moglie, non avesse tradito anche i suoi lettori ai quali aveva promesso: «La letteratura è il luogo dove non si mente mai».
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