Si intitola Tre per vari motivi: perché tre sono i protagonisti, inseparabili fin dalla quinta elementare; «Tre» è il nome del gruppo musicale da loro stessi fondato, in omaggio all'album 3 degli Indochine; e infine, sul banale piano cronologico, questo è il romanzo numero tre di Valérie Perrin, scrittrice francese il cui nome, fino a un anno e mezzo fa, era quasi sconosciuto (se non come fotografa di scena e compagna del regista Claude Lelouch, col quale ha firmato varie sceneggiature) e che, nel giro di una pandemia, si è trasformata in un caso editoriale internazionale grazie al bestseller Cambiare l'acqua ai fiori. Un libro di 478 pagine che ha venduto, solo in Italia, circa 500mila copie: uscito nell'estate del 2019 per e/o, a partire dal grande lockdown del marzo 2020 ha iniziato a conquistare i lettori italiani ed è diventato il libro più venduto dello scorso anno. Non solo: a fine giugno, è ancora nella Top ten del 2021... E non è tutto, perché il successo porta altro successo, e così anche il romanzo d'esordio di Valérie Perrin, Il quaderno dell'amore perduto (Nord), ha ricominciato a vendere e, somma uno somma l'altro, i due libri hanno superato i due milioni di copie nel mondo. Chapeau.
Ecco, da lunedì i numerosissimi fan di Valérie Perrin potranno avere fra le mani Tre, pubblicato sempre da e/o (euro 19; traduzione di Alberto Bracci Testasecca), per il quale l'autrice non si è certo risparmiata, visto che sono 622 pagine, anche se, come si dice in questi casi, «si leggono d'un fiato»... Ed è vero, perché, dietro un successo così clamoroso, non può non esserci uno stile capace di coinvolgere il lettore (e le lettrici, che sicuramente costituiscono la maggioranza del pubblico); uno stile, quello di Valérie Perrin, che riesce a trattare con delicatezza e apparente leggerezza anche ciò che sta nel profondo della nostra vita quotidiana, le corazze, i dolori nascosti, le insicurezze, il bisogno di essere amati, la paura dell'abbandono, la solitudine, le debolezze, le verità su noi stessi che non vogliamo vedere, la perdita, la possibilità di rinascere dopo un lutto, l'amicizia che può ferire, e può curare. Con semplicità e grazia molto francese, Perrin fa immergere nelle emozioni; e lo fa non attraverso vaghe pretese retoriche bensì attraverso la costruzione della trama, insomma, attraverso il meccanismo classico del romanzo, non quello ombelicale, non quello fatto di elucubrazioni astratte, bensì quello che ha dei personaggi, un intreccio avvincente, un po' di amore, un po' di lacrime, un pizzico di mistero e qualche colpo di scena. Sarà strano, ma funziona ancora.
In questo caso, i protagonisti sono, appunto, tre: Nina, che di cognome fa Beau (bella, perché questo è: una ragazzina bellissima e carismatica, stramba, indipendente), cresciuta col nonno postino, perché il padre è ignoto e la madre se ne è andata; Adrien, abbandonato dal padre, timido e studioso; Étienne, affascinante, ricco e spavaldo. Vivono a La Comelle, un paesino della campagna francese, si conoscono al primo giorno di quinta elementare nel 1986 e non si mollano più: trascorrono ogni momento insieme, sognano di trasferirsi a Parigi e di vivere di musica, giurano di non lasciarsi mai. Ovviamente non sarà così, come racconta la misteriosa «testimone» di questa amicizia, la giornalista Virginie, una donna sola che cerca di riallacciare i contatti con Nina, dopo tanti anni. È il 2017, infatti, quando nel lago del paese viene ritrovata una automobile, affondata - si scopre - nell'agosto del 1994. Proprio lo stesso giorno in cui era sparita una ragazza, Clotilde, allora fidanzata di Étienne. Che cosa è successo quel giorno? Étienne è coinvolto? Adrien e Nina, i suoi amici, sanno qualcosa? Virginie cerca di scoprirlo, riannodando il filo della loro amicizia, a partire da quell'incontro nel settembre del 1986, nel cortile della scuola elementare, attraverso gli anni Novanta e Duemila, fino al presente, in cui i tre sembrano definitivamente distanti, quasi estranei. Il fulcro è, come in passato, Nina, vegetariana come la stessa Perrin (animalista convinta), «piccola», come evoca il suo nome, eppure...
Nina, che ha dovuto riaggiustare sé stessa, ora si occupa di cani e gatti abbandonati e ricorda molto, in questo, Violette Toussaint, la «Violetta Ognissanti» protagonista di Cambiare l'acqua ai fiori, riparatrice di ferite, accuditrice di animali indifesi, rifugio lei stessa per le anime perse, dei vivi e dei morti del cimitero che custodisce. Vedremo se, come con Violette, Valérie Perrin avrà scovato le corde giuste da suonare, per entrare in sintonia con i suoi (tanti) fan.
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