Il film "Stanlio e Ollio", diretto da Jon S. Baird e scritto da Jeff Pope (già sceneggiatore del bellissimo "Philomena"), non racconta solo il sodalizio artistico di due icone del cinema ma l'ingrediente segreto del loro successo: la vera amicizia.
E' un'opera biografica atipica, perché focalizzata solo sul periodo finale e professionalmente crepuscolare della coppia comica. Siamo nel 1953. Stan Laurel e Oliver "Babe" Hardy (Steve Coogan e John C. Reilly) partono per una tournée teatrale che li porterà in giro per la Gran Bratagna e l'Irlanda. Il successo è un ricordo lontano e i due vecchi re della commedia hollywoodiana sono stati soppiantati da altri comici. Decisi a cercare finanziamenti per un nuovo lungometraggio, accettano di esibirsi in teatri semivuoti e di alloggiare in hotel fatiscenti. A poco a poco il pubblico torna ad apprezzarli e gli spettacoli a fare sold-out ma i nuovi fasti sono minati dalla salute sempre più cagionevole di Oliver e da vecchie ruggini (molti anni prima Ollio, per questioni contrattuali, aveva accettato di girare un film senza Stanlio, che visse la cosa come un tradimento).
Quest'opera è un omaggio al talento smisurato di una coppia che, nata artisticamente dall'intuito di un produttore nel 1921, girò 106 film legando due uomini che non smisero mai di supportarsi e proteggersi. Si mette in luce la reale natura del rapporto tra Laurel e Hardy, come le gag nascessero dalla quotidianità del loro vissuto e chi fosse la mente creativa e chi quello prigioniero dei vizi. Dalla sovrapposizione tra realtà e finzione emerge la sinergia perfetta tra due individui che anche sulla scena restavano profondamente se stessi e la cui geniale vis comica restò fulgida anche in un'epoca che vedeva un certo tipo di intrattenimento volgere al tramonto.
Da spettatori ci si commuove ma è altrettanto vero che ci si diverte molto grazie a sketch senza tempo e ideati con cura impareggiabile. Oltre a deliziare con la riproposizione fedele di numeri storici, il film incanta per l'interpretazione dei due attori protagonisti, in grado di diventare letteralmente Stanlio e Ollio grazie al trucco ma soprattutto alla mimesi di gesti ed espressioni.
"Stanlio e Ollio" non è solo un suggestivo canto del cigno, ma un'acuta disamina del processo creativo e l'ode malinconica a un tipo di cinema che non esiste più.
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