Il film del weekend: "The Counselor - Il Procuratore"

Ridley Scott ritrae il mondo selvaggio dei narcos. Dialoghi filosofeggianti, divagazioni cult e pessimismo spietato rendono gustoso e d'effetto quello che è un film dall'intreccio nebuloso

Il film del weekend: "The Counselor - Il Procuratore"

Cormac McCarthy, celebre scrittore americano autore di opere come "Non è un paese per vecchi", presta il suo nichilismo a Ridley Scott, regista iconico, scrivendogli una sceneggiatura fuori dalle regole ma, proprio per questo, dal fascino particolare. "The Counselor", questo il titolo del film, vanta un cast di grande richiamo: Michael Fassbender, Penelope Cruz, Cameron Diaz, Brad Pitt e Javier Bardem; eppure, nonostante gli ingredienti di prim'ordine, dividerà il pubblico perché presenta caratteristiche che possono essere inaccettabili per alcuni, una su tutte la trama criptica ai limiti dell'incomprensibile, ma in cui altri individueranno la forza stessa dell'opera. Sicuramente si tratta di un film d'atmosfera, diverso in maniera ricercata e con dialoghi letterari un po' astrusi e prolissi ma accattivanti.

Siamo al confine tra Messico e Usa, nel mondo senza pietà dei signori del narcotraffico. Un avvocato, (Fassbender), sta definendo la propria partecipazione a un affare di droga che coinvolge personaggi loschi come l'eccentrico Reiner (Bardem), gestore di nightclub, e la sua mefistofelica compagna Malkina (Diaz). Nonostante una specie di mediatore, Westray (Pitt), gli rammenti più volte i rischi dell'operazione, l'avvocato si ostina a voler cogliere l'opportunità di trarre profitto da certe conoscenze e, benché sia già molto ricco e appagato dall'amore di una donna, Laura (Cruz), che è la sua ragione di vita, punta a quel denaro sporco che sembra tanto facile da ottenere. Per una fatalità l'affare non va come programmato e s'innesca un meccanismo di vendette dalle ripercussioni ineluttabili.

Non si tratta tanto di un racconto tetro sul commercio di droga quanto sui terribili effetti collaterali dell'avidità. Più che alla concatenazione degli eventi, piena di oscuri sottintesi, l'attenzione è rivolta all'universo morale dei personaggi che popolano il film, criminali che filosofeggiano su grandi temi come la vita, l'amore, il denaro e la morte, elargendo ammonimenti da guru consumati. Restano impressi la loro estetica stravagante, il vivido sentenziare e alcune scene paradossali che li riguardano, come la decapitazione di un motociclista o l'amplesso col parabrezza di una Ferrari. Ma il punto è che, mentre i signori della malavita gestiscono il loro mondo sanguinario con distacco emotivo e istinto animale, l'avvocato è ancora un essere umano, seppur accecato dalla sete di denaro, e ha nei propri affetti il punto debole che lo porterà a vivere, anziché il paradiso artificiale e lussuoso prefiguratosi, l'inferno in Terra. Il problema del protagonista è che si è illuso che tutto abbia un prezzo in termini di denaro, ma nel sistema efferato in cui si è ostinato a entrare, quando una cosa va storta, le conseguenze si pagano con ben altro. La regia rende meravigliosamente la desolazione geografica e spirituale in cui queste vite galleggiano tra deserto e cielo. Il film è pieno di divagazioni simboliche e di esagerazioni, ma l'orrore e la violenza sono drammaticamente credibili e la tensione densa.

Una parte degli spettatori sarà forse infastidita dall'essere costantemente impegnata nel tentativo, frustrante perché vano, di afferrare alcune nozioni sulla vicenda che in realtà vengono omesse. Poco importa, il finale è chiaro pur non mostrando troppo.

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