I guru della tecnologia? In fondo fanno ridere

Parte stasera "Silicon Valley", serie che prende in giro il paradiso californiano dell'informatica e i suoi miti

I guru della tecnologia? In fondo fanno ridere

Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci. E se vincere vuol dire vedersi costruita addosso una serie che non prende in giro i cinque protagonisti, tutti giovani e geniali, ma li racconta, sempre con la dovuta ironia, con Silicon Valley il mondo nerd e hi-tech ce l'ha fatta.

In otto episodi la comedy targata HBO, da oggi in prima visione su Sky Atlantic, riesce in un compito gravoso: aiutare anche i più lontani dal mondo ultra-contemporaneo della Silicon Valley, paradiso degli informatici e casa di colossi come Google e Apple, a capire qualcosa in più del clima che si respira nella regione più tecnologica della California. Il tutto senza santificazioni ma neppure con riferimenti troppo nerd che capirebbero in quattro.

Che i protagonisti non siano accoliti di Steve Jobs lo si capisce subito: proprio nel trailer della serie uno di loro definisce il guru della Apple un impostore, lasciando intendere che le battute su di lui saranno copiose.

E probabilmente è stata la conoscenza da insider di Mike Judge, co-creatore della serie insieme a John Altschuler e Dave Krinsky, a dare il giusto equilibrio. Il regista di Office Space (film del 1999) infatti, alla fine degli anni Ottanta, aveva lavorato come ingegnere per una società della Silicon Valley, distanziandosene poi a causa della chiusura quasi religiosa di alcune di loro. E su questo aspetto nella serie si farà molta ironia: dai meeting forzati in bicicletta a ritiri aziendali che sono volontari solo sulla carta. La comedy punzecchia con lo stesso fervore le grandi compagnie e le piccole startup, i business angel e i ragazzini occhialuti in felpa che sperano di svoltare creando un'app.

Come il protagonista Richard (Thomas Middleditch di The Office ), un giovane nerd geniale, timido e un po' disconnesso come da cliché. Di giorno lavora da Hooli, una grande compagnia che fa il verso a Google, e di notte su Pied Piper, un programma di sua creazione che dovrebbe aiutare i musicisti a capire se con le loro composizioni stanno plagiando il lavoro di altri. Una piattaforma non particolarmente degna di nota, dentro alla quale però è nascosta la svolta. Senza farci troppo caso infatti Richard ha creato un algoritmo che permette di comprimere i file nel modo più efficiente mai visto finora.

Una scoperta che potrebbe rivoluzionare il mondo dell'informatica, e non solo, per la quale si vede offrire dal suo capo 10 milioni di dollari. Il programmatore si trova di fronte a un bivio: accettare l'offerta e vendere tutto o provare a sviluppare la propria creatura da sé, anche grazie all'eccentrico milionario e venture capitalist Peter Gregory (Christopher Evan Welch di The Master e V icky Cristina Barcelona , deceduto durante le riprese della serie nel dicembre 2013). L'imprenditore gli offre 250mila dollari in cambio del 5 per cento della società, lasciandone di fatto a Richard il controllo e la proprietà.

Lui accetta, e con quattro amici e coinquilini, tanto geniali quanto socialmente disadattati come lui, tenta la scalata al mondo dell'hi-tech. Il tutto all'interno di un ranch a Palo Alto detto “L'incubatore” di proprietà di Erlich Bachman, un ex startupper un po' dispotico che offre vitto e alloggio a programmatori in erba, che devono poi versargli il 10 per cento di tutti i progetti che riescono a vendere.

Silicon Valley ha un umorismo sagace e sottile, una trama più densa e personaggi più strutturati di

The Big Bang Theory . Il tutto senza i risvolti agiografici di film come Jobs , ispirato alla vita del fondatore di Apple. La critica americana lo ha definito il miglior prodotto HBO da parecchio tempo. Staremo a vedere.

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