L'Albania raccontata dal poeta Migjeni

Millosh Gjergj Nikolla, alias Migjeni, anche nello scrivere rivendicava la propria appartenenza, usando il ghego, un antico dialetto albanese. Morì a soli 27 anni

L'Albania raccontata dal poeta Migjeni

Ortodosso quanto a religione, sul versante degli spiccioli e basilari sentimenti umanitari, lui era radicale nella difesa non dei dogmi, bensì degli assiomi della vita. I beni di prima necessità, pensava, non devono mancare a nessuno. A nessuno devono mancare il cibo, la casa, la cultura e la possibilità di amare. Bambino durante la Prima guerra mondiale, evitò la Seconda nel modo peggiore: morendo a 27 anni, nel 1938. Millosh Gjergj Nikolla, alias Migjeni, anche nello scrivere rivendicava la propria appartenenza, usando il ghego, un antico dialetto albanese. Chi lo conosce (nel suo Paese quasi tutti), lo conosce principalmente come poeta, e sa che la sua raccolta Vargjet e lira (Versi liberi) del '36 fu subito fatta sparire dalle autorità. Evidentemente quei versi erano troppo liberi, infatti ricomparvero soltanto nell'80... Ma scrisse anche in prosa, e quelle ora raccolte dall'editore Besa Muci in La bellezza che uccide (pagg. 183, euro 15, traduzione di Adriana Prizreni) sono le prime che possiamo leggere in italiano. Quanto ai suoi autori di riferimento, la critica ha individuato Schopenhauer e Nietzsche, non a caso filosofi più di penna che sistematici.

In effetti, il primo scritto qui presentato, Socrate sofferente o maiale appagato?, rimanda a un'altra alternativa, quella di Zarathustra che dice: «L'uomo è una corda, tesa tra il bruto e il superuomo, - una corda tesa su di una voragine». Per Migjeni, infatti, l'uomo deve scegliere se essere problematico come Socrate, pieno di dubbi e di domande, oppure appagato come il maiale, satollo e ottimista. Ma l'uomo non sarà mai un Übermensch, non sceglie, diventa «impostore». Così: «il muso del maiale lo mise a Socrate e il muso di Socrate lo mise al maiale e lui stesso si incarnò in quest'ultimo». Altro dualismo, anche questo ispirato all'uomo da un Dio che pare prendersi gioco di lui, è quello di Tragedia o commedia?. Ma ecco spuntare i candidi favoriti di Schopenhauer tra queste parole di Migjeni: «Il Bene, il Male, Iddio vennero alla luce dalle tenebre attraverso l'uomo, e attraverso l'uomo svaniranno di nuovo nelle tenebre e dietro di loro rimarrà una sofferenza indefinibile che sprofonderà nel seno della vita, nel più profondo oblio».

Dopo il pensiero, la prassi quotidiana. Che nei bozzetti e nei racconti di Migjeni, vissuto in un Paese povero e in bilico fra lo stile di vita «allaturca», cioè all'orientale, e «allafranga», cioè all'occidentale, è sempre la difficoltosa prassi dei poveri e dei derelitti. I mendicanti chiedono l'elemosina e i signori rispondono «Te la dia il Signore!»; il disoccupato guarda i manifesti dei film e odia l'attore che se la spassa con la bella attrice; la montanara scende in città a vendere carbone e deve vendere sé stessa a un cliente micragnoso; il bambino va a scuola con le scarpe rotte; i contadini nei loro campi, dalla sera alla mattina trovano cannoni al posto del grano; la ragazzina sogna l'amore con il brigante gentile e viene insidiata (forse violentata) da un bruto; la prostituta cede al desiderio di normalità e si sposa con uno che la fa rinchiudere in manicomio...

E poi c'è il Nushi di Lo studente torna a casa. Studia all'estero, in «Europa centrale», e rientra per il matrimonio della sorella con un insulso e ottuso commerciante. Tre anni dopo, fresco di laurea in Medicina, nuova visita alla famiglia. Capisce che la bella Aga cornifica il marito con un dipendente e, in quanto fratello e maschio, gli usi e costumi lo vorrebbero giustiziere degli amanti.

«Ma io solo apparentemente mi servo di questa morale, in realtà rido alle sue spalle ogni volta che voglio. Così come me nel nostro paese centinaia di persone si fanno beffe alle spalle di questa società. Perciò, società, se non vuoi che si facciano beffe di te, cambia le tue forme. Liberati dei tuoi abiti antiquati!».

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