L'opposto delle solite mostre coi soliti nomi è rappresentato da due libri freschi di stampa, eccoli: Il quadro che mi manca di Giorgio Soavi (Johan&Levi) e Outsiders 3 di Alfredo Accatino (Giunti). Gli autori sono alquanto diversi: uno morto, l'altro vivo, uno innanzitutto scrittore, e dei più svagati, l'altro innanzitutto creatore di eventi, e dunque pressoché manager... Eppure sono accomunati dalla libertà del gusto, dal piacere di scelte personalissime che li porta a raccontare artisti anche semisconosciuti o sconosciuti del tutto. Accatino lo fa per missione, avendo inaugurato nel 2017 questa serie di libri dedicata agli «artisti geniali che non troverete nei manuali di storia dell'arte». Soavi invece per vizio, per letteraria depravazione: pur essendo amico di Giacometti e Balthus, dunque di celeberrimi, si diletta a scrivere pagine mirabili su acquerellisti e acquafortisti che io non avevo mai sentito nominare e immagino non dicano molto nemmeno all'amico lettore: Horst Janssen, chi era costui? E Dieter Kopp?
Accatino si impegna a smentire la crudele affermazione di Eugenio Montale: «Oggi non può esistere un grande poeta bulgaro». Secondo il poeta di Ossi di seppia il contesto è indispensabile piedistallo, secondo l'autore di Outsiders le opere vanno giudicate per sé sole e il resto è pigrizia, preconcetto, determinismo. Dunque abbiamo un grande pittore polacco, Andrzej Wróblewski, una grande scultrice venezuelana, Marisol Escobar, e un altro grande pittore per l'appunto bulgaro, Zlatyu Bouadhziev... Il polacco, morto tristemente a 29 anni (tutto il libro pullula di morti precoci, procurate o meno) nella mesta Polonia degli anni Cinquanta, ha dipinto quadri ovviamente tristi (basti un titolo: Bambino con la madre morta) e però indubbiamente potenti. Fosse stato americano lo avrebbero esposto in Italia chissà quante volte e avremmo imparato a pronunciarne il cognome. La venezuelana era bellissima, ci sono le foto a dimostrarlo, e di tante grazie non sembra fosse avara: «Ero strafatta di marijuana giorno e notte. Facevo sesso, molto, molto sesso. Ero promiscua». Fece una mostra da Leo Castelli, fece un ritratto dei Windsor in stile pop, fece una Biennale (quella del fatidico Sessantotto), poi qualcosa, vai a capire cosa, andò storto, e senza Accatino non ne avrei saputo nulla. E il bulgaro? Boyadzhiev, altro cognome problematico, noi italiani dovremmo averlo caro perché negli anni Trenta anziché ispirarsi come i suoi connazionali ai francesi e ai tedeschi s'ispirava agli artisti di «Valori plastici» ossia Carrà, Morandi, De Chirico, Savinio...
Noi affezionati del Giornale dovremmo avere ancora più caro Giorgio Soavi (1923-2008) che al Giornale ha prima dato il nome (Montanelli voleva chiamarlo La Posta...) e poi ha contribuito a dare il tono del giornalismo culturale di queste pagine. Il quadro che mi manca è una raccolta di pezzi sull'arte uscita nel 1986 e meritoriamente ripubblicata perché, come si sa o si dovrebbe sapere, non c'è nulla di più inedito della carta stampata, e perché dove lo troviamo oggi qualcuno che parla di nudo con tanta libertà? Soavi era un edonista sfrenato, a lui i quadri davano «piacere visivo. Che non è soltanto visivo. È tutto insieme. È musicale, è tattile, e determina molte cose: soprattutto una erezione». Chi confronterà tale virgolettato coi frigidi, anonimi testi dei cosiddetti curatori (ormai, nella maggior parte dei casi, curatrici) è autorizzato a disperarsi. Soavi si aggira volentieri dalle pericolose parti di Balthus, la cui pittura è «talmente ingorda e ingozzata di sensualità», le cui bambine «sono esplorate da uno sguardo talmente compiacente della loro bellezza», ma non disdegna affatto, e torno all'assunto iniziale dei nomi insoliti, artefici di cui pochi avranno contezza quali Graziella Marchi, capace di dipingere un «corpo succulento», e William Bailey, autore di belle nature morte un po' morandiane e però maggiormente apprezzato quando si dedica a spogliar giovinette: «Davanti al corpo seminudo di questa profondamente bella e conturbante ragazza, il nostro sguardo indaga assai più volentieri che fra i tuoi barattoli, non mi vergogno a dirlo, e sarei un bugiardo da quattro soldi se non dicessi ciò che provo». Mentre Leonardo Cremonini, non proprio sconosciuto ma certamente bisognoso di più attenzione, viene definito «narratore dei costumi da bagno slacciati».
E allora sono andato a studiarli i quadri del pittore franco-bolognese ed è vero, spesso sono balneari e spesso prevedono costumi da bagno slacciati o in procinto di esserlo. Un curatore non se ne sarebbe accorto o avrebbe finto di non accorgersene perché nell'arte contemporanea gli addetti ai lavori devono essere, per statuto, asessuati. Oltre che perfettamente allineati.
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