Non si placa, anzi diventa al calor bianco, la polemica sulla presenza al Salone del Libro di Torino di Altaforte, casa editrice vicina a CasaPound, che pubblica un nuovo libro intervista a Matteo Salvini. Ora la parola passerà addirittura alla magistratura. Il presidente della Regione Sergio Chiamparino e il sindaco Chiara Appendino hanno dato mandato di denunciare Francesco Polacchi, l'editore di Altaforte. L'accusa? Ovviamente apologia di fascismo. «Alla luce delle dichiarazioni sul fascismo rilasciate... dal signor Francesco Polacchi (io sono fascista, l'antifascismo è il vero male di questo Paese, ecc.) ritengono il rappresentante della casa editrice Altaforte e la sua attività professionale nel campo dell'editoria estranee allo spirito del Salone del libro e, inoltre, intravvedono nelle sue dichiarazioni pubbliche una possibile violazione delle leggi dello Stato». Hanno, quindi, inviato un esposto alla Procura «affinché i magistrati possano valutare se sussistano i presupposti per rilevare il reato di apologia di fascismo e la violazione di quanto disposto dalla legge Mancino». L'altro giorno il Museo di Auschwitz-Birkenau aveva rivolto un appello alle autorità affinché ricorressero proprio alla legge Mancino, specificando come la sua presenza fosse «incompatibile con quella di un editore neofascista» e rinunciando a partecipare al Salone. Comunque vada a finire l'esposto, i tribunali incroceranno la strada del Salone. Venerdì Francesco Polacchi, editore di Altaforte, è atteso contemporaneamente al Lingotto (si valutano i rischi di ordine pubblico) e a Milano, dove è stato convocato, come scrive il Corriere, dai magistrati per un processo che lo vede indagato per aggressione a due ragazzi intervenuti a difesa di un'altra persona insultata con frasi razziste.
Intanto la lista delle defezioni (apertasi con il collettivo Wu Ming), o delle partecipazioni con riserva «antifascista» diventa sempre più lunga, sino ad annoverare uno scrittore per bambini, Roberto Piumini, che dice di avere «un senso d'urgenza e di bisogno di dire no a certe cose». Quindi non andrà ma manderà una poesia per spiegare la scelta e... non scontentare troppo l'editore che al Salone va comunque. Come molti autori, in nome dell'hashtag #iovadoatorino. Alcuni dei quali abituati a schierarsi contro il fascismo, reale o presunto, con toni che tanto tolleranti non suonano; e il cui obiettivo finale sembra, soprattutto, il ministro dell'Interno, «soggetto» del libro-scandalo. Per esempio Michela Murgia, in una intervista all'Huffington Post, alla domanda, «secondo lei Salvini è fascista?» ha risposto: «Poiché considero il fascismo un metodo, la sua modalità d'azione è sicuramente fascista». Ma ha paura di Salvini? Risposta: «Certo. Solo uno stupido non avrebbe paura di Salvini». Evelina Santangelo, sua collega e sottoscrittrice dell'appello, nei tweet più recenti ha commentato: «E se si ribellano persino i militari dinanzi alle ingerenze senza precedenti di Matteo Salvini... e addirittura parlano di #regime...». E ripubblica questo tweet: «#Salvini fai schifo. Non ci sono altre parole (...)». Proprio Santangelo aveva, però, scritto un articolo su Il Fatto in cui criticava il boicottaggio dei libri degli scrittori che, in passato, avessero firmato appelli a favore di Battisti: insomma una scrittrice contro la censura, ma a intermittenza...
Christian Raimo, che si è dimesso da consulente ma al Salone ci sarà lo stesso, su minima&moralia, un anno fa aveva pubblicato un pezzo dal titolo La merda di Salvini non rovinerà il mondo. Fra i presenti «nonostante» ci sarà Helena Janeczek, che rilancia tweet di Saviano in cui Salvini è definito #MinistroDellaMalaVita. Saviano si è espresso anche lui per la trasferta torinese, perché «le parole, insieme al corpo, vanno più lontano». Ci vuole presenza. Proprio di tutti? Zerocalcare ha detto no. Del resto ha creato le locandine per #MaiConSalvini.
E Salvini? Si è defilato: «Non ho in programma una visita a Torino». E ancora: «Ritengo che la cultura sia sempre cultura da qualunque parte venga.
Io non sono fascista, sono antifascista, anticomunista, antirazzista, antinazista, tutto l'anti possibile». Il suo «alleato» Luigi Di Maio è di un altro parere: «Condivido la denuncia fatta dalle istituzioni comunali e regionali». Di sicuro, non è ancora finita.
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