Libia, Kabul, Egitto Ecco i reportage raccontati da Stella Pende

Libia, Kabul, Egitto Ecco i reportage raccontati da Stella Pende

Le storie, la verità che c’è in loro, e il dietro le quinte di ogni missione, popolato da uomini e donne che faticano e rischiano e spesso rimangono nell’ombra. Come i fotoreporter e i cosiddetti stringer, i reporter freelance. Sono questi i fronti sui quali si muove Confessione Reporter, il programma giornalistico realizzato da Videonews con la fondamentale collaborazione di Mediafriends dedicato al mondo dei reportage, al ritorno stasera per otto puntate in seconda serata su Italia 1. Curato e condotto dall’infaticabile inviata di razza Stella Pende, il programma è un viaggio, fisico ed emotivo, nelle luci e ombre della realizzazione di un servizio giornalistico. Nei numerosi servizi contenuti in Confessione Reporter ci si sposterà dall’Afghanistan alla Libia del post Gheddafi, dal Marocco alla Somalia, senza negarsi i «fronti» casalinghi come, ad esempio, quello dell’universo psicologico degli stalker. «Il programma è diviso in tre parti - spiega Stella Pende - La prima si ispira al libro che ho recentemente scritto (Confessione reporter: quello che non ho mai scritto, ed. Ponte delle Grazie, 2011, ndr). La seconda parte è incentrata su preziosi Reportage d’Autore: celebri personaggi, da me instancabilmente tormentati, si sono prestati a reinventarsi reporter. Nella terza c’è un collegamento settimanale via Skype con un volontario di Medici Senza Frontiere, che racconterà la propria esperienza di volontario sui più diversi fronti». Tra glis epciali più interessanti, quello sulla nuova Libia e sull’evoluzione della cosiddetta Primavera Araba. Pende sull’argomento ha un’opinione tutt’altro che scontata: «La Libia - dice la giornalista - è un paese dove i nuovi padroni non si sono fatti problemi ad adottare metodi brutali su chi era pro-Gheddafi. In Egitto, invece, non mancano i problemi ma c’è più ottimismo: io personalmente credo, perché ho avuto diversi contatti, con la voglia dei temuti Fratelli Musulmani di intraprendere un rinnovamento più moderato». Tra i ricordi più dolorosi, quello di un rifiuto di una bambina pluri-violentata in Afghanistan: «Non ha voluto parlare con me. Diceva che anche noi eravamo mostri.

Senza dubbio, nella nostra professione ci deve essere la difficile capacità di decidere come raccontare». Chissà che, da un programma come Confessione Reporter il pubblico, ma anche gli stessi giornalisti, non guardino alla propria professione con meno cinismo.

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