Se non conoscete Philip Dick di certo Philip Dick conosce voi: noi tutti viviamo un presente che lo scrittore americano ha raccontato nei suoi romanzi scritti tra gli anni '50 e '60. Ritenuto per molto tempo un semplice autore di fantascienza Philip Dick ha avuto la libertà di raccontare come alcuni fenomeni sociologici sarebbero diventati dei valori: su tutto il commercio, che sia delle merci, delle anime, della religione, del progresso e della tecnologia. Philip Dick, per intenderci, è l'autore di romanzi che hanno ispirato film oggi di culto, come Blade Runner, The Truman Show, Matrix, Minory Report e a lui lo scrittore Emmanuel Carrére ha dedicato la biografia Io sono vivo e voi siete morti (edito in Italia da Adelphi). Ed è lo stesso Carrére a firmare ora la prefazione del romanzo Le tre stigmate di Palmer Eldritch, nella nuova collana Oscar Mondadori dedicata a Dick, curata da Emanuele Trevi. Dopo la prima uscita Ubik, adesso un nuovo capolavoro e nei prossimi mesi L'uomo nell'alto castello, Gli androidi sognano pecore elettriche e Scorrete lacrime, disse il poliziotto: nuove edizioni affidate alla traduttrice Marinella Magrì, capace di interpretare gli originali in inglese non pedissequamente, come accaduto nelle vecchie edizioni, ma finalmente con una traduzione che rende al meglio la scrittura letteraria di Dick.
Il romanzo è ambientato in un XXI secolo dove gli esseri umani, sotto l'autorità delle Nazioni Unite, hanno colonizzato ogni pianeta e luna abitabile del sistema solare. La Terra, a causa del surriscaldamento globale, è ormai inabitabile. Nessuno può camminare per strada senza l'aiuto di un condizionatore personale e la gente va in Antartide per le vacanze. La storia è incentrata sulla concorrenza tra due imprenditori, Leo Bulero e Palmer Eldritch: il primo vende ai coloni su Marte dei plastici di case terrestri con riproduzioni in miniatura di mobili ed elettrodomestici nei quali posizionare la bambola Perky Pat (ispirata alla Barbie). Grazie all'uso di una droga illegale ma tollerata dalle autorità, il Can-D, i coloni possono immaginare di essere di nuovo sulla Terra a vivere una vita spensierata: le donne incarnate nella bella e giovane Perky Pat, gli uomini nel suo aitante e ricco amico Walt (ossia Ken). Concorrente di Bulero è Palmer Eldritch: più un cyborg che un uomo, perché a causa di un attentato ha dovuto farsi impiantare occhi artificiali, ha sostituito una mano, persa in un incidente di caccia, con una protesi metallica e ha denti d'acciaio inox. Scoppia una guerra commerciale tra i due imprenditori nella quale viene coinvolto Barney Mayerson, giovane rampante alle dipendenze di Bulero, che si trova alla fine a essere deportato su Marte e a fare l'esperienza della nuova droga di Eldritch: il Chew-Z che fa entrare in mondi illusori, ma controllati da Eldritch (oddio, non sarà così il metaverso di cui tanto si parla?). Inoltre, si rende conto che attraverso Eldritch si sta probabilmente attuando un'invasione della Terra e di Marte che non ha bisogno di armi ed astronavi, ma attacca direttamente la psiche. Questo scenario è la metafora post-apocalittica di un'America, quella degli anni '60 (Dick scrisse il romanzo nel 1964) dove se non fai parte della civiltà consumistica ti si apre davanti uno spaventoso mondo: da una parte l'annullamento della propria personalità in una società pseudodemocratica e dall'altra la paranoia del più completo isolamento. Philip Dick intuisce le paure del nostro presente, quando ad esempio scrive: «L'epilessia è una di quelle parole terrorizzanti. Come una volta lo era il cancro. La gente ha una paura irrazionale perché sa che può capitare a tutti, in qualsiasi momento, senza preavviso». Una radiografia perfetta di questi nostri anni da ansiolitici dove il terrore non è tanto una lunga malattia ma la morte improvvisa. Leggere Le tre stigmate di Palmer Eldritch è una cavalcata folle e disorientante sulla natura della fede e dell'esistenza, allo stesso tempo inquietante e comica. O se preferite, è un libro che può essere letto come una satira sorniona del vicolo cieco spirituale della cultura del consumo. Nel caratteristico stile dickiano, decine di idee selvaggiamente inventive sono introdotte nel corso della narrazione, speculate e poi rapidamente abbandonate. Il lettore non può mai essere certo di cosa troverà la pagina dopo. Molti critici trovano in questa struttura narrativa decostruita i limiti di Philip Dick, mentre è l'essenza della sua prosa: bruciare le idee non appena scritte per crearne altre sino all'implosione della trama. E in questo ha anticipato il postmoderno.
Ci vorrebbe un saggio per raccontare tutte le metafore contenute in questo romanzo, ma può essere anche sintetizzato in una frase pronunciata da Eldritch: «Dio vi promette la vita eterna. Io posso fare di meglio: posso portarvela a casa». E qui c'è tutto il nostro mondo delivery: di anime e di prodotti.
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