David Quammen è l'autore del momento, dato che nel suo Spillover aveva previsto quasi tutto sulla pandemia. Il saggio è stato un bestseller durante la quarantena e ora, a clausura finita, il suo editore italiano, Adelphi, dello scrittore americano porta in libreria una riedizione (Alla ricerca del predatore alfa), un nuovo saggio, L'albero intricato, e un breve testo, Perché non eravamo pronti (uscito sul New Yorker e proposto in ebook), sottinteso, al Coronavirus.
Nell'Albero intricato spiega che l'albero della vita non è un albero, bensì una rete. Che significa?
«L'albero della vita non è un albero: su un albero i rami divergono, divergono, divergono e basta, in rami e rametti sempre più piccoli, fino alla chioma. Questa era un'immagine buona per rappresentare la storia dell'evoluzione ai tempi di Darwin, poiché pensavamo che le varie linee di discendenza si fossero solo allontanate fra loro e, quindi, che le informazioni ereditarie si trasmettessero solo verticalmente, lungo quei sentieri divergenti. Ma la scoperta del trasferimento genico orizzontale (Hgt) ha rivelato che, qualche volta, quelle linee di discendenza sono convergenti, e che il materiale ereditario è trasmesso lateralmente, da una linea all'altra».
Nel libro parla di tre rivoluzioni e la prima è la scoperta degli archei: perché è così importante?
«Prima che Carl Woese scoprisse gli archei, si credeva che tutta la vita sulla Terra fosse divisa in due grandi regni: i batteri e gli eucarioti. Benché gli archei siano forme microbiche monocellulari che superficialmente somigliano ai batteri, in realtà, come ha scoperto Woese sequenziando il loro genoma, sono completamente diversi. Essi sono più vicini all'altro regno della vita, quello degli eucarioti, che comprende tutti gli animali, le piante e i funghi. Sulla Terra vivono delle piccole creature, sconosciute prima del 1977, che sono i nostri parenti più prossimi nei rami più profondi dell'albero della vita».
Veniamo tutti dagli archei?
«Ci sono prove molecolari forti che una cellula di archeo sia stata la cellula ospite del primo evento di endosimbiosi che ha condotto alla linea di discendenza di cellule complesse che, oggi, chiamiamo eucarioti, ai quali apparteniamo anche noi».
Carl Woese diceva che la biologia dovrebbe occuparsi della storia dell'evoluzione e non di «avventurismo tecnologico».
«Carl Woese era uno scienziato mosso dalla più intensa curiosità sulle domande più profonde riguardanti la vita sulla Terra. Utilizzò la biologia molecolare per rispondere a quelle domande; vide però altri settori della biologia molecolare diventare strumento dell'ingegneria genetica, e per lui questo era avventurismo tecnologico. Lo detestava. Era un brontolone brillante, un estremista».
Perché il trasferimento genico orizzontale, l'Hgt, è una svolta nella prospettiva dell'evoluzione?
«La domanda è: da dove arrivano le variazioni genetiche dei gruppi? La classica risposta neodarwiniana, all'inizio del '900, era: dalle mutazioni, quei piccoli errori casuali che avvengono nella trasmissione del Dna alla prole. I seguaci di Woese, scoprendo l'Hgt, hanno mostrato che esiste un'altra fonte principale di quelle variazioni: l'Hgt stessa».
Uno dei risultati di questo trasferimento è, per esempio, che parti del nostro Dna provengono dai batteri. Che altro c'è nel nostro Dna?
«È così. Per esempio, tutte le cellule complesse, incluse quelle del corpo umano, contengono molti piccoli organelli, chiamati mitocondri, fondamentali per la vita cellulare complessa. Ma da dove vengono i mitocondri? Discendono tutti da un singolo batterio, che venne inghiottito da un'altra cellula, probabilmente un archeo, forse due miliardi di anni fa. Quel batterio inghiottito, anziché essere digerito dalla cellula ospite, è sopravvissuto e si è replicato e, alla fine, si è evoluto in un partner essenziale della cellula ospite».
Siamo fatti anche di virus?
«Il genoma umano contiene una parte significativa di Dna virale, penetrato attraverso l'Hgt. Un esempio sono i retrovirus, che inseriscono il loro materiale genetico nel genoma della cellula che infettano. Se infettano le cellule riproduttive, allora quel Dna virale diventa ereditabile. Circa l'8 per cento del genoma umano, in media, è fatto di Dna virale introdotto da retrovirus. Si chiama eredità infettiva».
Che virus sono?
«Alcuni sono stati riadattati per svolgere funzioni importanti. Il gene umano noto come sincitina 2, per esempio, produce la membrana che si sviluppa fra la placenta e il feto, durante la gravidanza; questa membrana trasporta nutrimento al feto e smaltisce gli scarti: senza, la gravidanza umana non avverrebbe. Ed è il frutto della sincitina 2, un gene virale».
Un'altra conseguenza è la resistenza agli antibiotici. Che cosa succede?
«Alcune specie di batteri possono sviluppare resistenza agli antibiotici lentamente, attraverso piccole mutazioni sul lungo periodo; ma quella resistenza può anche essere diffusa, in un attimo, da una specie di batteri a un'altra, attraverso l'Hgt. Perciò la resistenza agli antibiotici è un problema così diffuso, un flagello in tutto il mondo: perché viaggia velocemente grazie all'Hgt».
Sul New Yorker ha spiegato Perché non eravamo pronti alla pandemia, nonostante i molti segnali di allarme, anticipati in Spillover. Quali sono le ragioni principali?
«Gli scienziati sapevano che una pandemia stava arrivando. I funzionari della sanità lo sapevano. Hanno avvertito i leader politici, ma in alcuni Paesi, come il mio, quegli avvertimenti sono stati ignorati e minimizzati. Perché? Perché i politici, in troppi casi, come negli Usa, non si preoccupano di ciò che potrebbe accadere fra tre anni ma, magari, capiterà fra dieci. Si preoccupano solo di quello che succederà fra oggi e la loro prossima elezione».
Perché dice che i governi non «investono sul rischio»?
«Spendere una gran quantità di denaro, e una grande quantità di volontà politica e di compromessi, per la prevenzione contro una pandemia incombente è percepito come un rischio. E se poi la pandemia non arriva davvero, fra oggi e la prossima elezione? Quella spesa sembrerà sprecata. Se sei un politico miope, cinico ed egoista, ti preoccupi di quel rischio. E così, se la pandemia avviene durante il tuo mandato, la mancanza di preparazione costerà mille volte di più rispetto alla prevenzione».
Crede che ora i politici se ne occuperanno?
«Qualsiasi politico che continuerà ad opporsi alla prevenzione contro le pandemie, dopo quanto è successo, non dovrebbe più essere un leader. Dovrebbe essere bocciato dagli elettori. Dovrebbe tornare a fare l'immobiliarista, o l'attore, o i gelati artigianali».
Lei respinge l'ipotesi che il virus sia stato creato in laboratorio.
«Il fatto che il genoma del Sars-CoV-2, e che altri genomi molto simili di altri Coronavirus, esistano fra i pipistrelli cinesi in natura, mostra che non si tratta di un virus costruito in laboratorio. È stato costruito in natura. È sfuggito durante un incidente in laboratorio? Questa è una accusa senza prove, poiché non ci sono prove che questo particolare virus sia mai stato presente in un laboratorio cinese».
Quali misure di prevenzione dovremmo adottare?
«Dobbiamo studiare più ardentemente i virus, in natura e in laboratorio. Dobbiamo spendere soldi, e volontà politica, per sistemi nazionali di prevenzione, per piattaforme di vaccini che possano essere trasformati rapidamente in vaccini specifici, per test diagnostici per le nuove infezioni virali che possano essere effettuati in pochi minuti, non in giorni, e per delle reti internazionali di sorveglianza contro nuove ondate virali e di contenimento di quelle ondate prima che diventino epidemiche, o pandemiche. Infine dobbiamo liberarci dei leader politici idioti e bugiardi, che si preoccupano solo della loro popolarità».
Quale sarà la più grande minaccia nei
prossimi anni?«Le principali minacce che ci aspettano nei prossimi anni sono: nuovi virus zoonotici; il cambiamento climatico; la tetra possibilità che gli umani continuino a riprodursi e a consumare al tasso attuale».
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