L'Università italiana caccia i principi dell'Arte e preferisce i baroni

La bocciatura di Vettese e Panza al concorso da docenti è paradossale. Esplode un caso

L'Università italiana caccia i principi dell'Arte e preferisce i baroni

Inizio con due considerazioni apparentemente contraddittorie. Marco Tanzi, professore ordinario di Storia dell'arte all'Università di Lecce, è uno dei migliori studiosi della pittura padana tra Quattrocento e Seicento, ha curato utilissime mostre, ed è uomo moderno, sveglio, intelligente. Non ha ereditato gli atteggiamenti da barone. Gli è consentito, peraltro, non so quanto utilmente (rispetto alle sue preclari doti di docente), muoversi dalla remota Lecce come commissario di concorso per i docenti universitari: nel caso di cui stiamo parlando, per ordinari di prima fascia, concorso a cui io stesso mi sono sottratto dopo antiche bocciature, per essere poi chiamato per chiara fama nel ruolo di Professore ordinario di Storia dell'arte moderna all'Università per Stranieri di Perugia, e subito costretto all'aspettativa dal mandato parlamentare. In altro ambito Angela Vettese si muove nel mondo della Storia dell'arte contemporanea e, aldilà degli abiti accademici tradizionali, soprattutto sulle riviste specialistiche, ha svolto quell'attività militante che dai tempi di Barilli, Calvesi e Celant ha i suoi organi, più che nelle sedi di settore o nelle pubblicazioni cosiddette scientifiche, su giornali e settimanali, in una risposta pronta alle sollecitazioni popolari (e anche autorevolmente mercantili) dell'arte contemporanea. E certo non ha come sue case solo i luoghi tradizionali ma, a partire dalla Pop Art fino ai Writers, a Keith Haring a Banksy, i muri, le strade. E, in formidabile contrasto, grandiosi musei: pensiamo al Mart, al Maxxi, al Madre, al Mambo, al Castello di Rivoli, al Museo Pecci, alla Gnam, al Man, al Beaubourg, al Lac, dove la Vettese è di casa, e il suo magistero consideratissimo.

La Vettese è, nel suo campo, una personalità di primo piano, e certo più vigile e vitale nelle sue funzioni di molti storici dell'arte, come lo stesso eruditissimo e preparatissimo Tanzi. E, benché appartengano a mondi lontani, non li vedrei in segmenti dottrinali distanti, se non per il merito degli argomenti di ricerca. Nel metodo, relativo ai campi d'indagine, sono due figure di prima grandezza. Con diverso e analogo rigore. Per questo ha determinato scandalo la bocciatura della Vettese nel concorso in cui era autorevole commissario anche Tanzi. Nessun dubbio che la commissione si è arroccata su posizioni che potremmo definire antiquate; e questo è uno sbaglio (d'altra parte Tanzi è uno storico dell'arte moderna, cioè antica - paradosso nominale). Ma l'equivoco ha di fatto giovato alla Vettese, apparsa vittima di un sistema concorsuale superato. E infatti in sua difesa sono scesi molti, tra i quali un altro studioso «anfibio». Pierluigi Panza, che ha denunciato, in alcuni articoli, la decisione della commissione e ha sostenuto - mi pare legittimamente - le ragioni della Vettese. E se la commissione, anche attraverso Tanzi, da me direttamente interrogato, ha offerto spiegazioni, se non condivisibili, comprensibili, la conclusione della vicenda, nella ostinata difesa della dignità offesa della commissione, è stata sconcertante. La posizione a favore della Vettese è costata infatti a Panza una condanna paradossale: non tanto la bocciatura a un analogo concorso, cui si era presentato per una legittima e meritata abilitazione scientifica nazionale (alla quale lo rendevano idoneo saggi importanti, oltre alla attività di critico militante sul Corriere della Sera), ma l'astensione dei commissari nominati dal ministero per non giudicarlo, in quanto reo di aver criticato l'analoga commissione che bocciò la Vettese. La vicenda si riassume in una ricostruzione dello stesso Panza. La ritorsione è certamente ingiusta e determinata dalla indignazione più che dalla ragione: «In giugno Angela Vettese è stata bocciata al concorso per ordinario in Storia dell'arte. Su incarico del Corriere ho scritto un pezzo su questa bocciatura nel quale si criticano anche le norme utilizzate nei concorsi di Abilitazione scientifica nazionale. Ho poi inviato, su richiesta, una lettera al Giornale dell'Arte di luglio sui medesimi argomenti, ma senza attaccare personalmente i commissari del concorso. A seguito di ciò, due società scientifiche private composte da docenti di Storia dell'arte mi hanno pesantemente attaccato sul Giornale dell'Arte di agosto. Anch'io mi ero iscritto al bando di concorso per il conseguimento della Abilitazione scientifica nazionale. In seguito ai due miei pezzi usciti, e alla presa di posizione delle società private di Storia dell'arte, tutti e cinque i commissari della commissione nazionale si sono dimessi rifiutandosi di giudicare il solo Pierluigi Panza. Si tratta di una fatwa contro di me: i commissari pagati dallo Stato rispondono a società scientifiche private di Storia dell'arte? Inoltre, è la prima volta che una intera commissione si dimette contra personam: la legge prevede dimissioni se esistono legami parentali, attività in comune ecc... ma non prevede questo tipo di dimissioni perché uno esprime le proprie idee su un giornale. L'università è diventata oscurantista?».

Ecco sollevato il caso. Che dire? I commissari si sono evidentemente offesi, in nome e per conto dei loro colleghi che bocciarono la Vettese. È invero non opinabile, e lo riconoscerà anche l'amico Tanzi, che le motivazione per la bocciatura della Vettese siano, rispetto alle funzioni del critico militante, molto discutibili. Difficile dire che la Vettese non possegga «responsabilità di studi e ricerche scientifiche affidati da qualificate istituzioni». E tutto si può dire meno che le sue pubblicazioni siano «troppo divulgative»: sono infatti spesso elitarie, concepite per il pubblico stretto e competente che si muove nel mondo dell'arte contemporanea. Con intelligenza Panza chiosa: «Non è affatto escluso che Vettese non abbia, alla luce degli attuali parametri Anvur, considerati obbligatoriamente dalla commissione, i titoli per superare la commissione scientifica internazionale per docenti ordinari, anzi. Il problema è che anche Renzo Piano non li avrebbe per insegnare Progettazione architettonica e Paolo Mieli per insegnare Comunicazione giornalistica». Mi pare una legittima critica.

Non sarà opportuno indicare, alle commissioni dei concorsi di abilitazione, criteri più elastici e valutazioni dell'attività e dell'impegno di ricerca e di studio, anche nella pubblica

attività editoriale (indiscutibili nel caso di Angela Vettese e di Pierluigi Panza), rispetto a docenti privi di merito (se non circoscritto o specialistico) e protetti, nel sistema incrociato dei concorsi, dai loro professori?

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