È morta Le Guin, grande maestra della fantascienza

È morta Le Guin, grande maestra della fantascienza

Da lunedì scorso il mondo è un po' meno ricco, almeno di fantasia: è morta, infatti, nella sua casa di Portland (Oregon) Ursula K. Le Guin, una delle più note e apprezzate scrittrici di fantascienza e fantasy del Ventesimo secolo. La sua scomparsa è stata immediatamente lamentata dai suoi fan, tra cui un addolorato Stephen King che ha twittato: «Non è morta solo una scrittrice di fantascienza, ma un'icona letteraria. Buon viaggio nella galassia».

Nata Ursula Kroeber il 21 ottobre 1929 a Berkeleyda d un apprezzato antropologo, Alfred Kroeber, e una romanziera, Theodora Kracaw Kroeber Quinn, prese il suo nome letterario dal marito, lo storico francese Charles A. Le Guin, da cui ebbe il figlio, Theo Downes-Le Guin, che, senza specificare le cause del decesso, ha dato al New York Times la ferale notizia.

Laureata in storia della letteratura francese, Ursula cominciò a scrivere da giovanissima, e i suoi primi successi risalgono agli anni Sessanta, con i primi romanzi del ciclo di Earthsea, a cui seguirono i primi importanti riconoscimenti con The Left Hand of Darkness (La mano sinistra delle tenebre) e nel 1974 The Dispossessed (I reietti dell'altro pianeta), vincendo con entrambi sia il Premio Hugo che il Premio Nebula. Avrebbe poi rivinto l'Hugo con The Word for World is Forest (Il mondo della foresta, 1976), il Nebula con Tehanu: The Last Book of Earthsea (L'isola del drago, 1990) e molti altri premi. In italiano i suoi libri sono stati editi da Mondadori, Salani,Nord, Elèuthera e Gargoyle. L'ultimo, e più prestigioso, riconoscimento meritato nella lunga e felice carriera letteraria è stata la Medal for Distinguished Contribution to American Letters assegnata nel 2014 dalla National Book Foundation. In quell'occasione ha pronunciato un discorso che riassume il suo impegno, con delle parole memorabili che avevano già il sapore di un commiato: «Mi piace l'idea di accettare questo premio per condividerlo con tutti quegli scrittori che sono stati esclusi dalla letteratura così a lungo, i miei colleghi autori di fantasy e fantascienza, scrittori dell'immaginazione, che per cinquant'anni hanno visto questi bei premi andare ai cosiddetti realisti. Sono in arrivo tempi duri, e avremo bisogno delle voci di scrittori capaci di vedere alternative al modo in cui viviamo ora, capaci di vedere, al di là di una società stretta dalla paura e dall'ossessione tecnologica, altri modi di essere, e immaginare persino nuove basi per la speranza. Abbiamo bisogno di scrittori che si ricordino la libertà. Poeti, visionari, realisti di una realtà più grande».

Con queste parole si può considerare chiusa e risolta una polemica che divise, negli anni Settanta, il mondo degli appassionati di fantascienza anche, e forse soprattutto, italiani- animata da coloro che salutarono nella Le Guin la paladina di una

fantascienza progressista, femminista e impegnata contrapponendola agli autori di opere di pura evasione, disprezzati come conservatori o antimoderni. Come tutti i grandi, Ursula Le Guin è andata oltre, oggi anche materialmente.

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