Pappano omaggia la musica americana "Ma gli Usa di oggi credono alle bugie"

Domani a Spoleto, per la chiusura del Festival dei Due Mondi, il direttore ha scelto opere di Barber e Copland. "Guai a cancellare il passato"

È direttore musicale della Royal Opera House di Londra (2002-2024) e dell'orchestra di Santa Cecilia di Roma con la quale nel 2023 firmerà la sua diciottesima e ultima stagione (passa infatti alla conduzione della London Symphony Orchestra di Londra). Questi gli incarichi di Tony Pappano. Domani il direttore d'orchestra chiude il festival di Spoleto alla testa dell'orchestra di Santa Cecilia con un concerto serale in piazza Duomo. Al mattino è al teatro Caio Melisso ospite della Fondazione Fendi.

Nella vita di Pappano predomina l'Inghilterra, con tanto di sigillo da Buckingham Palace: è Sir. Testa a Londra, ma, par di capire, cuore in Italia, la terra dei genitori emigrati Oltremanica dove Tony nacque. Per whatsapp ha scelto un tramonto sul lago Trasimeno, «misterioso come i laghi scozzesi. Abbiamo una casetta a Passignano, da lì mi piace guardare l'acqua quasi immobile mentre il cielo via via cambia», spiega. Nel programma di domani c'è l'America di Copland e di Barber. Un bagno a stelle e strisce perché dopotutto Spoleto è il Festival dei Due Mondi, e poi sono brani benauguranti: «la Terza Sinfonia di Copland è del 1946, comunica la voglia di ripartire dopo la guerra. C'è la fanfara che non è per gli eroi ma per l'uomo comune che quotidianamente lotta per migliorare il mondo». Per cosa sta lottando Pappano? «Per far tornare il pubblico. Il Covid rimonta e con esso un insieme di situazioni molto tese. Però siamo qui per far musica, per comunicare emozioni» osserva l'uomo al timone di uno dei teatri più potenti al mondo e in quanto tale nugolo di tensioni che si tagliano con il coltello. Lui ci confessa che, in effetti, il suo «non è un mondo di incanti e magie. Ci sono tante cose pratiche da risolvere e decisioni da prendere al volo. Nel passato ciò mi rendeva nervoso, oggi sono un po' più paziente, ho capito che a volte le cose si risolvono da sole».

A Spoleto propone l'America dei grandi spazi e connesse malinconie, delle fabbriche che sono il motore della rinascita. Questi gli Usa di Copland, illustrando i quali Pappano si emoziona: vi ha trascorso adolescenza e prima giovinezza. Negli Usa di oggi, però, si riconosce «sempre meno. Questa politica di divisione è una catastrofe, troppa gente segue bugie. Non c'è l'attitudine a discutere e a ragionare. Non avverto la positività che è sempre stata il biglietto da visita degli Usa. Però è un Paese di emigranti, capace e desideroso di rinascere dopo ogni tonfo, non va sottostimato». La cancel culture, prodotto americano, sta contaminando anche il mondo dell'opera. Si chiede la cancellazione di espressioni offensive nei libretti. «La cancel culture - dice lui - è orrenda, esito di decisioni superficiali, veloci, senza criterio. Guai a cancellare il passato, semmai teniamolo aperto mostrando il progresso raggiunto».

In marzo, Pappano fu tra i firmatari di una petizione a sostegno degli artisti russi messi alla berlina per la loro nazionalità. Ci chiediamo se all'Opera di Londra sono pronti ad aprire le porte agli artisti banditi da alcuni enti, Anna Netrebko, per dire. Pappano su questo è cauto: «Abbiamo messo un po' il freno per vedere come si evolve la situazione. Dobbiamo capire in quale direzione andare. Al momento non posso dire a che punto siamo con determinati cantanti».

È invece certo su come orientare la vita professionale dei prossimi anni. Anzitutto non ci sarà spazio per incarichi da direttore musicale di un teatro d'opera: «non avrò tempo. E poi voglio cambiare marcia, da troppi anni ho un ritmo pazzesco, voglio darmi una calmata».

Quanto alle orchestre, realtà nate in fasi culturalmente ed economicamente diverse dalla nostra: quanto sono sostenibili oggi? «Realtà secolari come queste devono continuare a esistere, dovrebbe esserci la fierezza di averle sul proprio territorio, ma allo stesso tempo le orchestre devono darsi da fare per aprirsi ai giovani, al pubblico del domani».

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