Passioni, amanti, musica e litigi colossali, tutto (o quasi) Toscanini in 1.200 pagine

La monografia monumentale di Harvey Sachs sazia i patiti del Maestro

Passioni, amanti, musica e litigi colossali, tutto (o quasi) Toscanini in 1.200 pagine

Harvey Sachs è un'autorità in materia di Toscanini. Al grande direttore d'orchestra italiano, Sachs dedicò una prima monografia nel '78 (Toscanini, tradotta in Italia nel '98); vi fu poi, nel '91, Reflections on Toscanini (mai tradotto) e, nel 2002, le lettere (pubblicate in traduzione lo scorso anno). L'ultimo colossale lavoro, Toscanini. Musician of Conscience trova ora un'attesissima edizione italiana: Toscanini. La coscienza della musica (Il Saggiatore, pagg. 1200, euro 69). Il dubbio che si tratti di un'edizione ampliata del Toscanini di quarant'anni fa è subito fugato dall'autore: «Questo libro è una biografia completamente nuova, non una revisione o una versione ampliata del libro precedente». È, dunque, la monografia definitiva del maestro parmense.

Il libro è letteralmente una miniera. Artisticamente, ad esempio, vi si ribadisce la lungimiranza del direttore: «Per lui le Alpi non erano un ostacolo musicale». E infatti fu uomo delle prime: tenne a battesimo la prima italiana del Pelléas et Mélisande di Debussy (il quale scrisse a Toscanini: «Metto il destino di Pelléas nelle sue mani, certo di non poter desiderare nessuno di più leale né di più competente»), di pagine di Ciajkovskij come l'Eugenio Onegin alla Scala, per non parlare dell'amato Wagner («Considerava Wagner la figura più influente della musica tardo-ottocentesca») la cui figliastra Blandine, dopo una prova toscaniniana, commentò: «È la cosa più incredibile a cui abbiamo mai assistito». Niente da fare, invece, per la musica più d'avanguardia: nel '25 fu alla Fenice di Venezia per un festival (con, tra gli altri, Strauss, Schönberg, Stravinskij, Hindemith) al cui termine proruppe lapidario: «Ora che il festival è finito dobbiamo far disinfettare il teatro».

E poi c'è l'uomo Toscanini. I gusti letterari: Leopardi («Il poeta che amo di più dopo Dante»), Carducci, Shelley, Byron, Shakespeare, Virgilio («I poeti inglesi li leggeva in inglese, Virgilio in latino»). Le amicizie, i legami, come quello storico di amore-odio con Puccini. Il ricordo del figlio Wally fa sorridere: una volta, Toscanini «disse che non sarebbe più uscito perché se avesse incontrato Puccini lo avrebbe preso a schiaffi. Gli amici venivano sotto casa e gli dicevano: Puccini è pentito, ti chiede scusa: scendi, vieni a trovarlo. Papà gridava: Se lo incontro lo piglio a schiaffi». Problemucci anche con Strauss che si conclusero con un'aguzza lettera di Toscanini al compositore: «La prego di credere sempre alla mia ammirazione per la Sua arte» (sottinteso: non per lei). Tipica fu anche l'ossessione per il sesso. Focosa la relazione adulterina con Ada Mainardi, della quale conservava in tasca un fazzolettino irrorato del suo sangue mestruale chiamandolo blasfemicamente «sacra sindone» (arrivò a scriverle: «I tuoi giorni di grazia non sono ancora arrivati? E i fiorellini del giardinetto della piccola Ada?» laddove i «giorni di grazia» erano i giorni mestruali, i «fiorellini» i peli pubici).

E poi con Geraldine Farrar che, dopo le dimissioni dell'amante dal Metropolitan, scrisse: «Devi sapere tutto quello che ti direi ti darei la mia brama è implacabile».

Il musicista, il mito, l'uomo. «Avrei molto da raccontare», confidò Toscanini riguardo la sua vita ad alcuni amici: in effetti, le 1200 pagine di Sachs non scherzano affatto.

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