"Piccoli cuochi così bravi che li farei lavorare con me"

Il ristoratore stellato è la novità di «Junior MasterChef», il talent dei bambini che ricomincia domani su SkyUno

"Piccoli cuochi così bravi che li farei lavorare con me"

La sua passione per la cucina è nata quando aveva nove anni, tra i sapori, i banconi, gli stampi della pasticceria dello zio, a Vico Equense, sulla costiera sorrentina. Dai dolci caserecci è passato alle due stelle Michelin della sua Torre del Saracino, piccolo gioiello da 35 coperti, che lo ha reso uno degli chef italiani più conosciuti al mondo. Adesso che ha accettato di partecipare come giudice a Junior Masterchef (accanto a Bruno Barbieri e ad Alessandro Borghese), si rivede in quei piccoli cuochi che con incredibile competenza si apprestano a sfidarsi ai fornelli nella terza edizione del talent che ricomincia domani su SkyUno. «Sono rimasto molto colpito da questi ragazzini - racconta -. Non solo per le loro abilità, non solo per la conoscenza dei prodotti, dei piatti, delle materie prime, ma soprattutto per la lucidità e la freddezza che mostrano mentre cucinano. E mi sono piaciuti anche per la passione che hanno per il cibo e per la generosità: si aiutano l'un l'altro, molto più dei grandi dello show senior che si darebbero le coltellate».

Gennaro, due figli piccoli (una nata dieci giorni fa), quattro ristoranti da gestire (oltre a quello di Vico, uno a Capri, uno a Ibiza e da metà marzo quello del resort Casta Diva sul lago di Como), si è ritagliato tempo per la tv anche per far conoscere la filosofia della sua cucina.

«Certamente. Ho impostato il mio lavoro sulla ricerca delle materie prima di qualità, legate al territorio (napoletano) e alla tradizione, ma cucinate con fantasia e innovazione. Ci vuole passione, cultura, anche ricerca scientifica e infine lotta allo spreco e capacità di recuperare gli scarti. Tutti messaggi importanti che vorrei arrivassero ai ragazzini e al pubblico a casa».

Non le pare incredibile che un bambino di otto anni sappia già sfilettare il pesce e servirlo come fosse in un ristorante?

«Non molto. Si vede che questi piccoli concorrenti sono cresciuti in famiglie che pongono grande attenzione al cibo, che li hanno abituati fin dalla tenera età a maneggiare pentole e coltelli. Anzi, i più bravi sono quelli cresciuti in piccoli paesi o in campagna, dove la cultura della cucina è ancora viva».

Ma lei a nove anni era così bravo?

«Io vengo da una famiglia con mamma contadina e papà operaio. Non c'erano telefonini e diavolerie tecnologiche, la mia fantasia la usavo nel rielaborare la pasta del giorno prima. Ho trovato la libertà nella pasticceria di mio zio, vederlo all'opera, un artigiano fiero delle sue creazioni, mi ha fatto capire la mia strada. La pasticceria mi ha insegnato il mestiere, la responsabilità e l'abilità nei rapporti con i clienti, tre fattori che mi sono serviti tutta la vita. Poi sono venuti i contatti con i grande chef (come Alain Ducasse) che mi hanno fatto fare la svolta».

Prenderebbe qualcuno di questi bambini nei suoi ristoranti, una volta diventati grandi?

«Devo dire che alcuni hanno mostrato qualità e talento giusto. Poi si vedrà: se manterranno la passione e la voglia, ci rivedremo tra un po' di anni...»

Lei è la new entry del programma, terzo giudice-chef uomo, perché ci sono così poche donne chef stellate che possono partecipare anche a uno show?

«Beh, per due anni c'è stata la mamma di Bastianich. In realtà è molto dura per una donna fare lo chef, perché è un mestiere poco conciliabile con quello di madre. In effetti, se mia moglie fosse stata uno chef, non so se avrei fatto due figli...»

A Masterchef si punta molto sull'aspetto educativo, sulla cultura della buona e sana cucina, però poi alcuni giudici fanno i testimonial delle patatine o dei cibi in scatola...

«Non posso parlare per gli altri. Comunque secondo me i bambini, e anche il resto del pubblico, sanno distinguere tra i messaggi positivi che arrivano dal programma e la pubblicità, che io comunque non condanno».

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