Per Raiplay il piccolo schermo si fa grande

Otto film previsti per il cinema vanno in tv. Inizia stasera "Magari", poi "Bar Giuseppe"

Per Raiplay il piccolo schermo si fa grande

La scelta era nell'aria e alla fine è diventata obbligatoria. Piuttosto che aspettare un chimerico debutto in sala, Rai Cinema ha deciso di lanciare sul piccolo schermo ben otto film (di cui quattro inediti) concepiti per il grande. Aprirà la serie da stasera su Raiplay -- Magari, esordio alla regia di Ginevra Elkann, con Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher. Seguiranno Bar Giuseppe di Giulio Base (dal 28), La rivincita di Leo Muscato (dal 4 giugno), e Abbi fede di Giorgio Pasotti (dall'11); quindi altre quattro pellicole (Lontano lontano di Gianni Di Gregorio, Otzi e il mistero del tempo di Gariele Pignotta, Dafne di Federico Bondi, Un giorno all'improvviso di Ciro D'Emilio) già al secondo passaggio televisivo. «Nulla può sostituire il cinema in sala - ammette Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema - ma in questo caso l'impedimento può costituire un'opportunità. Quella di mantenere un legame forte fra pubblico e pellicole di qualità». «E poi anche Magari racconta un lockdown considera Lorenzo Mieli, produttore. I suoi protagonisti sono costretti a vivere assieme, nella stessa casa. E quando ne usciranno saranno inevitabilmente cambiati».

Circa un debutto che sognava ben diverso, la neo-regista Elkann (figlia di Alain e Margherita Agnelli, dunque nipote dell'Avvocato) sembra più rassegnata che preoccupata. «Sarà comunque una grande emozione per me - sospira -. E forse presentare un film sulla famiglia proprio quando tutti siamo stati costretti a riscoprire i legami familiari, gli darà un significato in più». «Anche se rilancia Scamarcio - più che sulla famiglia Magari è un film sulla famiglia che vorremmo». Nello scapestrato ruolo di un padre inaffidabile, incapace di assumersi responsabilità, Scamarcio tenta infatti di gestire i tre figli che, per le vacanze di Natale, la moglie separata ha dovuto cedergli. «E lui, tanto per confermare il proprio disordine esistenziale, invece che in montagna li trascina vestiti da sci al mare di Sabaudia». La scombinata famiglia si allarga con l'arrivo di Benedetta, collaboratrice e compagna del padre, «prima rifiutata dai ragazzi racconta Rohrwacher- e poi accettata proprio perché aiuterà loro a conoscerlo meglio, e lui ad imparare ad essere un padre vero». Inevitabile chiedere a cotanta nipote se i tre fratellini nostalgici di una famiglia, non diciamo perfetta ma almeno normale, saltino fuori dall'infanzia sua e dei suoi fratelli, Lapo e John. «Magari è autobiografico, ma solo nei sentimenti, so che sono partita dai miei ricordi personali, ma solo per evocare quelle emozioni nascoste che ti rimangono dentro e fanno di te quel che sarai da adulto». Ma i suoi familiari hanno visto Magari? Ci si sono riconosciuti? «Mio padre, essendo uno scrittore, lo ha visto per quello che è: un film. Con dentro qualcosa di lui, ma anche di altri padri. Per i miei fratelli, invece, è stato solo la mia prima pellicola. Quindi un motivo di felicità: finalmente ero riuscita a coronare il mio sogno».

E c'è anche da dire che le memorie infantili della regista (e della co-sceneggiatrice Chiara Barzini) sono volutamente confluite in quelle degli interpreti: «Io stesso girando ricordavo quello che provavo da bambino vedevo i miei litigare ricorda Scamarcio - e nella preghierina della sera scongiuravo che non si separassero».

«In questo Ginevra è stata magica - considera Rohrwacher - riuscendo a trasferire emozioni sue così intime, così personali, nella nostra stessa intimità, e mettendoci nella condizione di raccontarle come se le avessimo vissute.

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