Saglietto, Ruscigni e l'archeologia che scava nel mito

Angelo Saglietto (1888-1978), appartenne a una famiglia di piccoli armatori di Porto Maurizio, e in giovinezza navigò come capitano lui stesso

Saglietto, Ruscigni e l'archeologia che scava nel mito

Angelo Saglietto (1888-1978), appartenne a una famiglia di piccoli armatori di Porto Maurizio, e in giovinezza navigò come capitano lui stesso: uomo di cultura spirituale e visionaria, amplissima e profonda, entrò nella cerchia di Giovanni Boine, che coniò per lui il nome di Sofo, il Sapiente. Con questo nome, lo ricorda il suo discepolo Ito Ruscigni, studioso del mito e poeta, che gli ha dedicato un vero e proprio culto, ispirandosi a lui per le sue opere (tra cui è memorabile Regola della guerra e Apocalisse) e divenendo suo esegeta e curatore del corpus dei suoi scritti mai pubblicati in vita.

Il libro La Caverna Bertran. Miti e simboli dei liguri preistorici (Lo Studiolo editore, pagg. 111, euro 16) ne è un concreto esempio: Angelo Saglietto detto Sofo è l'autore, Ito Ruscigni è colui che orchestra il libro intero, che si avvale di una autorevole prefazione dello studioso Marco Vannini. Sofo opera tra il 1930 e il 1933 degli scavi in una grotta vicina al monte Faudo, sulle Alpi Marittime, e ne nasce una sorta di giallo archeologico, con una puntuta polemica tra lui e una serie di personaggi che si appropriano della scoperta e applicano alla archeologia strumenti scientifici o parascientifici che Sofo ripudia. L'archeologia come la intende lui è legata alla scoperta dei significati simbolici che risuscitano lo spirito dell'antichità, è uno scavo sì, ma nelle profondità segrete dell'anima. Ed ecco allora che i ritrovamenti nella Caverna Bertran, armi di pietra e d'osso, tra cui asce e punte di frecce, ornamenti di pietra e d'osso, tra cui conchiglie e collane, resti animali, resti umani, che altri si limitano a considerare nella loro nuda materialità, diventano per Sofo la strada per arrivare alle fonti dell'anima dei Liguri preistorici e dei loro miti. La Caverna Bertran, che qualche positivista vuole prenda il nome da un generale napoleonico, è per Sofo un luogo sacro dei Liguri, e il suo nome è una storpiatura di Barma-Taran, la grotta del dio del tuono nella loro antichissima lingua.

I Liguri, nella affascinante ricostruzione di Sofo, arrivano in Europa dopo l'inabissamento della Grande Isola d'Occidente, in cui perirono 90 milioni di persone: erano quelli che si erano salvati (Liguri vorrebbe dire «padroni del mare» o «salvati dalle acque») e ora portavano il culto del Sole nelle terre ancora immerse nell'oscurità della barbarie. Dodici eroi solari, guidati dal dio Bormano, liberano dalla Caverna della Notte la vergine sacra Ligeia, che ha lo stesso nome della barca dei Liguri, portatrice di salvezza, vincono aspre battaglie contro ventuno capi barbarici, sfidano la regina Angerona, che con una pozione venefica vorrebbe pietrificarli, emula di Medusa, ma vengono salvati da Ligeia e dal suo liquido vivificante. Così con Bormano il culto del Sole trionfa.

Il mito, per Sofo e per Ruscigni, diventa il tessuto «steso tra Dio e l'uomo per consentire una comunicazione tra loro». E rimane il più bel racconto delle nostre più lontane origini e delle passioni segrete delle nostre anime.

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