Il mistero, e dunque il fascino, di William Shakespeare rimane intatto. Nonostante tutto. Nonostante l'accanimento di studiosi sempre più appassionati. Nonostante l'utilizzo di macchine sempre più intelligenti per decrittare ciò che la Storia e il Destino hanno finora lasciato nell'alone del mito letterario.
Ora, un nuovo software interviene per accendere un potente faro sulla produzione del Bardo di Stratford upon Avon. Un software, in verità, finora usato soltanto dai professori paranoici, ansiosi di beccare gli studenti nell'ormai frequente uso del «copia-incolla» per gli elaborati fatti a casa. Ebbene l'uso di un simile programma (per la cronaca si chiama WCopyfind ed è scaricabile gratuitamente) è stato alla base di una scoperta filologica eccezionale: un testo praticamente sconosciuto del Sedicesimo secolo (e finora inedito) sarebbe alla base di una decina dei capolavori di Shakespeare.
Andiamo però con ordine. La nota studiosa di letteratura inglese, June Schlueter (appassionata appunto di letteratura elisabettiana oltre che dell'opera di Emily Dickinson) si è trovata tra le mani il manoscritto di un pressoché ignoto autore elisabettiano di nome George North. Questi aveva servito la corona inglese come ambasciatore a Stoccolma. E tra i suoi lavori più conosciuti c'è infatti una Descrizione delle terre di Svezia, Finlandia e dell'isola di Gotland del 1561. Ebbene a firma di North è capitato per le mani delle Schlueter una sorta di libello polemico contro i rivoluzionari ante litteram. E infatti Rebellion and rebels (questo il titolo del manoscritto che si trova nella British Library dal 1933) è una casistica di tutti quelli che hanno attentato al potere della Corona (ovviamente fallendo). Leggendolo la Schlueter ha avuto l'impressione di leggere qualcosa di conosciuto nei termini, nella sintassi, nelle atmosfere. Bisogna ricordare che nella sua sterminata bibliografia la professoressa ha curato molte opere del Bardo. Quindi i suoi dubbi erano più che fondati. La sua scrupolosa formazione però l'ha portata a rivolgersi a un mago del computer, nonché scrittore: Dennis McCarthy. Questi non soltanto ha usato il software che abbiamo già citato, ma, non pago del risultato, ha estrapolato tutte le ricorrenze «gemelle» dei due autori e le ha inserite in un database che raccoglie diciassette milioni di pagine raccolte dai primi testi della letteratura inglese. Ebbene quelle ricorrenze che legano il Bardo all'oscuro ambasciatore non compaiono mai nei testi raccolti dal database. Il New York Times ieri ha pubblicato una recensione del volume ora edito dalla strana coppia McCarthy-Schlueter (Rebellion and Rebels di George North, D.S.Brewer Academic Press), dove non solo si fa nuova luce su testi come Re Lear, Riccardo III e Enrico V, ma si toglie dall'ombra un autore minore del periodo. Autore che, tra l'altro, era cugino del ben più noto Thomas North, brillante traduttore delle Vite di Plutarco, altra fonte privilegiata del teatro shakespeariano.
La scoperta filologica è stata benedetta anche dal decano degli studi shakespeariani in terra americana. David Bevington, come riporta lo stesso New York Times, parla infatti di autentica «rivelazione».
Bevington, che ha curato un'edizione critica molto popolare delle opere del Bardo, ricorda che soltanto le celebri Cronache di Holinshed, forniscono un numero maggiore di temi e fonti per il lavoro del più famoso drammaturgo della letteratura inglese.
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