Il teatro come un set tv. Parata di superstar per "riveder le stelle"

Grande sforzo per un evento perfetto ma freddo. Chailly: "Un unicum che non voglio ripetere"

Il teatro come un set tv. Parata di superstar per "riveder le stelle"

«Sentire l'applauso del pubblico è la cosa più bella per noi artisti. Cantare senza spettatori non è facile. Sappiamo che sono a casa e che ci seguono, pesa però non avere la loro risposta immediata, non sentire che respirano con noi». La confessione è del decano dei cantanti, Placido Domingo, fra le 24 star dello spettacolo di ieri alla Scala per Rai Cultura e in mondovisione. Show di canto, danza, recitazione, nuovo e irripetibile, in alternativa all'impossibile Prima. A riveder le stelle il titolo.

E che stelle. In una manciata di giorni, la Scala si è trasformata nel circuito di Formula 1 della lirica con artisti da 12 Paesi. Pochi minuti a testa per diventare il proprio personaggio. Si registra, buona la prima, niente correzioni post produzione. Ritmo vorticoso di ruoli, decenni, temi, stati d'animo, stili, tecniche, e l'orchestra - condotta da Riccardo Chailly - a far da narratrice. «È stata un'avventura da un lato straordinaria e dall'altro complicata data la situazione di spazi, quantità di musica, alternanza continua e costante di artisti. Un unicum che mi auguro di non ripetere», così Chailly che in tre ore di spettacolo ha affrontato 15 autori, e capolavori di un secolo.

«Senza un'orchestra come la Scala sarebbe stato impossibile un progetto come questo in tempi così stretti. Alla Scala c'è una tradizione mai codificata, orale, che è l'emblema di questa serata». Con Davide Livermore alla regia e Giò Forma per le scene, è nato un «oggetto particolare concepito per questa circostanza. Abbiamo fatto di necessità virtù. La trovo una soluzione toccante, commuovente, capace di portare una grande varietà di emozioni» ha spiegato il sovrintendente Dominique Meyer da settimane pungolato sulla mancata Lucia di Lammermoor, l'opera inizialmente prevista per il 7 dicembre. «Quanto è ragionevole far lavorare gli artisti per due mesi per preparare uno spettacolo da rappresentare una sola sera, pagando un solo cachet per quell'unica prestazione?», risponde confermando la linea prudenziale della Scala che anche per questo 2020 chiuderà con il bilancio in pareggio (83 milioni).

Il teatro si è trasformato in uno studio televisivo, «gli operatori di Rai Cultura facevano parte della nostra squadra», ancora Meyer che allineato con gli artisti non vede l'ora di «tornare a condividere le emozioni con il pubblico in sala. Ma in questo periodo non serve lamentarsi, va trovata una soluzione». Eccola. E comunque «il 7 dicembre continua a voler dire tutto. L'8 il mondo può crollare. Ma il 7 uno deve essere qui», dice Carlos Alvarez, nobilissimo baritono. Serata promossa anche dal mezzosoprano Marianne Crebassa «perché vede dialogare arti diverse».

Le difficoltà? «Avere una sola aria per entrare nel personaggio», osserva Eleonora Buratto, soprano di ultima generazione. Il tenore Francesco Meli è franco, e va oltre la glassa da libro Cuore. «Noi artisti ci siamo visti in questi giorni? Per niente. Ascoltavamo la registrazione prima della nostra, e stop». Al Piermarini, in meno di una settimana sono passati quasi tutti i numeri uno del canto, fuoriclasse dunque impegnatissimi per cui non c'è stato modo di frequentarsi. In tema di tenori, rimarrà il punto interrogativo sul forfait del grande Jonas Kaufmann, assente - così la vulgata - per problemi di salute.

Ieri sera, ci ha spiegato Sonya Yoncheva, la regina di un Metropolitan (di New York) muto da marzo, considera «storico questo 7 dicembre». Il ritmo va spedito. Artisti di vaglia, e in non pochi casi pure bellissimi, da Garanca a Bolle, vestiti dai grandi stilisti di casa nostra, incluso Armani. In tanta bellezza ed incanto ecco l'intervento di Michela Murgia.

Che in Valentino ci spiega che «l'opera è uno spettacolo ricco, ma non è uno spettacolo per ricchi». Rotto l'incanto. Che si riaccende con l'aria di Donizetti dell'archiviata Lucia di Lammermoor cantata da Lisette Oropesa, soprano che attendiamo in fase rinascita in Lucia.

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