«L'uomo - scriveva Alessandro Manzoni alla fine delle sue Osservazioni sulla morale cattolica, siamo nel 1819 - può aver talvolta il dovere di parlare per la verità, ma non mai quello di farla trionfare». Ecco, il film-documentario che si inizia a girare a Milano non ha alcuna pretesa di voler imporre una verità su Manzoni, la sua vita e le sue opere; ma si impone il dovere di seguire la verità dei testi, dei luoghi e delle testimonianze manzoniane.Sostenuto dal Centro nazionale di studi manzoniani (che ha sede a Milano a Casa Manzoni, da pochissimo ristrutturata dallo studio De Lucchi, dove ieri c'è stato il primo ciak) e finanziato dalla Fondazione Cariplo con 50mila euro, il film sarà pronto prima dell'estate (con distribuzione nelle sale e in dvd), con lo scopo - spiega Angelo Stella, presidente del Centro studi - «di dare di Manzoni un'idea reale e raccontare per una volta un Manzoni non scolastico. Nessun autore è stato scolasticizzato, e un po' tradito, quanto Manzoni...».E infatti sarà un Manzoni nuovo, uomo perennemente in crisi e scrittore perennemente sperimentale, quello (de)scritto da Pino Farinotti, che ha ideato il film, preparato la sceneggiatura, scelto il regista (Andrea Bellati) e tracciato il percorso - da Milano a Parigi, dall'Adda ai luoghi romanzeschi sul celebre ramo - lungo il quale si muoverà il docu-film.Romanziere che ha firmato bestseller come 7 km da Gerusalemme e critico cinematografico che ha dato il nome al dizionario omonimo dei film che dal 1980 a oggi ha avuto 20 edizioni, il milanesissimo Farinotti sta intanto completando la storia di Milano in brevi documentari - Giants in Milan - affidatagli dal Comune. Ora, affronta il gigante assoluto.«Non posso che essere felice, da milanese, di raccontare Alessandro Manzoni. Soprattutto di aver avuto la possibilità di conoscerlo così da vicino, preparando il film. E credo che sia un compito necessario perché Manzoni, che a scuola ci hanno quasi costretto a studiare, paradossalmente ne è uscito penalizzato. Invece Manzoni è più vivo che mai».Titolo ancora da definire, durata di circa 90 minuti, il film racconterà Manzoni - nato quattro anni prima della Rivoluzione francese, morto due anni dopo la Comune di Parigi - e la sua epoca rivoluzionaria. Come fu la sua opera e la sua esistenza: una giovinezza scapestrata, due mogli, dieci figli, quasi tutti morti prima di lui, la conversione, la sfida del romanzo-capolavoro... L'eredità di Manzoni, ancora oggi, è enorme. Non la vediamo forse, ma basta cercarla. Ed ecco il senso del docufilm. «Pensiamo alla lingua italiana», dice Farinotti. «È Manzoni che l'ha riscritta e unificata.
Se da un secolo e mezzo comunichiamo, ci capiamo, oltrepassando le regioni, se la lingua è comune a chi fa lavori diversi, a chi insegna e chi ascolta, a chi dà notizie, a chi tratta, a chi ha il dovere di essere chiaro, a chi ha il diritto alla chiarezza... lo dobbiamo a Manzoni». Che è un buon prologo per un film.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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