Brasile, potenza fai-da-te Dove vivere è una sfida

Per gli analisti ci ha superato: adesso è la settima economia del mondo. Ma dal traffico all'acqua potabile la gente tira avanti solo arrangiandosi

Brasile, potenza fai-da-te Dove vivere è una sfida

«Te lo dò io il Brasile», diceva Beppe Grillo quando era ancora spensierato. Erano 30 anni fa. Oggi scopriamo che secondo Confindustria, scivolando all'ottavo posto nella classifica mondiale della produzione manifatturiera, l'Italia è stata superata dal Brasile, ora settima potenza del Pianeta. In realtà il dato non dovrebbe stupire, visto che è tutta farina del nostro sacco: è la nostra industria che in 12 anni si è ridotta del 25%. Ma di qui a pensare che il Brasile sia ormai come l'Italia ce ne passa.

Prendiamo Rio de Janeiro, capitale fino al 1960, meta turistica e metropoli del ventunesimo secolo, 10 milioni di abitanti con i sobborghi, non meno globalizzata di New York o Parigi. La vita di studenti, impiegati, dirigenti, casalinghe, pensionati; l'esistenza di un medio o piccolo borghese "carioca" - che non significa brasiliano, bensì abitante di Rio, anche se la gran parte della stampa italiana non si arrende all'evidenza e continua a chiamare "romano" anche uno di Milano o di Aosta - è irta di ostacoli e contrattempi che sono ormai entrati nel quotidiano. Per esempio i mezzi pubblici. Le fermate degli autobus sono segnalate per lo più da un piccolo cartello blu con il disegno di un pulmino bianco. Si punta sull'essenziale. Peccato che lì sotto possono fermarsi fino a 10-12 diverse linee, ma il numero che ti serve o lo sai, o è lotteria. Un po' meglio la metropolitana, anche se c'è una sola linea e che per fare i 14 chilometri che mancano da 18 anni per unire Ipanema alla Barra da Tijuca e collegare finalmente la zona sud con quella nord della città ne serviranno almeno altri due.

Il risultato è che le decine di migliaia di lavoratori che raggiungono il centro con i mezzi pubblici devono fare prima dei bei numeri con i bus, poi prendere una metro che ama lunghe e inspiegabili soste tra una stazione e l'altra. Due ore minimo per andare, idem per tornare. Tutti i santi giorni. Al nostro carioca, classe media ma questa volta automunito, non va molto meglio: se si mette al volante nell'ora di punta, senza fare una piega ci sta anch'egli un paio d'ore, circondato dagli stessi bus di cui sopra. Negli ultimi 40 anni il parco macchine di Rio si è moltiplicato per 20, ma i tunnel, unici passaggi per attraversare la città costruita intorno alle sue spettacolari montagne di granito come il Corcovado o la Gàvea, sono sempre gli stessi: due corsie, a volte tre, già strettine negli anni Settanta. Il risultato è un'ora e mezza per 12 chilometri, 8 chilometri l'ora, 5 quando qualcosa va storto. Un buon mezzofondista va il doppio. E non ci sono molte alternative: troppo grandi queste città per non avere distanze chilometriche da percorrere in ogni momento. Ecco perché qualcuno è po' seccato per la costruzione degli stadi invece che delle strade. Ora lo stadio c'è. Ma per andare e tornare si esce la mattina, si torna che è buio.

La tecnologia, per tlc, tv, pc, tiene il passo molto meglio. Nelle case c'è adsl, wi-fi, canali via cavo free e pay. Ma è celeberrima l'"ignavia" dei tecnici locali: li chiami per un appuntamento; lo fissano; non vengono. Li richiami per il secondo, non vengono neanche quella volta lì, anche se ti dicono che sono sotto casa tua: scendi. Nessuno. La terza volta arrivano e ti fanno un lavoro a regola d'arte. Basta avere un po' di pazienza. Dopodiché, nelle case di molte zone di Rio, con wi-fi e cable-tv, non c'è il gas. Cioè, non ci sono le tubature, bensì la vecchia e sana bombola. Certo, il riscaldamento non esiste. Ma l'acqua calda? I boiler elettrici costano cari; il problema è risolto con impianti per doccia con resistenze elettriche incorporate: fa un po' impressione, perché viene il timore di finire inceneriti durante lo shampoo, ma funziona. E a proposito dell'acqua: scordatevi di bere quella del rubinetto. C'è chi lo fa, ma a proprio rischio e pericolo. L'acquedotto di Rio non è sicuro. Tuttavia non serve comprarsi quella minerale: le case sono spesso dotate di un simpatico impiantino filtrante dal cui rubinettino esce un'acqua un po' insapore. Ma indolore.

Il segreto è la filosofia di vita, è come prendere le cose di tutti i giorni, adattarsi.

In fondo ogni singolo servizio o bisogno di una metropoli europea si trova e si soddisfa anche qui. Cambia solo un poco il modo. Per ogni problema, il carioca trova una soluzione ad hoc. Lo supera e poi si gode la sua città, con una ventina di chilometri di spiaggia atlantica anche in inverno.

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