Va in panchina quel nigeriano troppo bianco

Il caso del centravanti Odemwingie: fa gol ma è diabolico perché è un albino. Argentina già qualificata, agli africani basta non perdere

Va in panchina quel nigeriano troppo bianco

L'Argentina si aggrappa al Messi della provvidenza per accarezzare sogni iridati. La stentata vittoria sull'Iran, propiziata da un gol allo scadere della "pulce", ha messo a nudo i limiti di una squadra che non ha proprio le fattezze di una corazzata inaffondabile. Se n'è accorta persino la Nigeria, che dopo essersi crogiolata nel torpore di Curitiba con gli iraniani, si è risvegliata di botto a Cuiaba mandando a casa la possibile rivelazione Bosnia. Questa sera all'Estadio Beira Rio di Porto Alegre la Nigeria tenterà il colpo gobbo. «Un pareggio potrebbe bastare, ma scendere in campo facendo calcoli equivale a perdere», spiega il ct degli africani Keshi che mostra i muscoli dopo l'1 a 0 sulla formazione del bomber Dzeko. A finire sotto i riflettori è stato un altro centravanti, Peter Odemwingie, non molto amato da una parte della tifoseria che lo ritiene "troppo bianco" per essere un africano. È una sorta di razzismo al contrario che trae linfa vitale dalle convinzioni sui poteri diabolici degli albini. Di fatto Odemwingie non lo è, la sua carnagione è il frutto del matrimonio tra un nigeriano e una russa. Un suo destro su assist di Emenike ha rilanciato le quotazioni di una Nigeria che alla vigilia sembrava l'ennesima vittima sacrificale di un'Africa partita col piede sbagliato. Eppure oggi pomeriggio, nonostante il prezioso acuto, Odemwingie inizierà dalla panchina. Keshi non sopporta le pressioni e, soprattutto, difficilmente riesce a decidere in piena autonomia. Ai cronisti spiega che non esiste alcun caso con il centravanti in forza allo Stoke City. «La sua rapidità tornerà utile nel secondo tempo, quando i difensori argentini saranno stanchi». In Nigeria purtroppo l'entusiasmo di milioni di tifosi viene vissuto con una sorta di bilancino per non finire nella trappola di Boko Haram. I terroristi musulmani, che avevano già minacciato i cinque calciatori di fede islamica per aver accettato di prendere parte alla Coppa del Mondo, stanno facendo saltare in aria bar, pub e ritrovi che trasmettono le partite. Delirante tentativo di scoraggiare la pratica ludica e sportiva che potrebbe distrarre dalla guerra santa.
Non ha di questi problemi l'Argentina, alle prese semmai con una cronica dipendenza da Leo Messi. Se non gira lui la squadra fatica, al punto tale che persino la difesa dell'Iran, tutt'altro che un bunker, è diventata per l'Albiceleste un fortino inespugnabile, abbattuto solo all'ultimo respiro da uno splendido sinistro a giro del fantasista del Barcellona.

Il ct Sabella non farà rivoluzioni, anche se a voler essere obiettivi in questo momento c'è solo un altro giocatore intoccabile oltre a Messi, il portiere Sergio Romero, deludente alla Sampdoria (ha dovuto ripiegare sul campionato macedone), ma decisivo in più di un'occasione in Brasile. In attacco la "pulce" e Aguero partiranno alle spalle di Higuain. Anche se, all'ultimo minuto, non si escludere un cambio tra lo stesso Aguero e uno tra Lavezzi e Palacio.

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