Dalla A2 all'Europeo, da riserva con Milano al Mondiale da protagonista in azzurro. Quella di Yuri Romanò è la storia di un talento forgiato dal lavoro, dal pane duro delle serie minori e della panchina. Capace però di brillare di luce propria sul palcoscenico più importante, una volta liberato dalle costrizioni. Lanciato da De Giorgi prima ancora di esordire in Superlega, nel 2021 Romanò è stato decisivo per la conquista dell'Europeo. Un anno dopo, senza avere mai giocato una gara da titolare nella massima serie, col suo mancino ha messo la firma in calce al Mondiale, tornato in Italia dopo 24 anni.
A un anno di distanza, Katowice è ancora azzurra.
«È incredibile pensare che possano essere successe due cose così belle, nello stesso luogo, in così poco tempo. La notte dopo la finale è stata praticamente insonne, e al ritorno abbiamo potuto rivivere di nuovo l'emozione di essere ricevuti dal presidente Mattarella e dal premier Draghi».
Mai titolare in Superlega, decisivo in Nazionale: non è che adesso fare la riserva diventa una scaramanzia?
«Se in Nazionale va sempre così, allora posso stare anche tutta la carriera senza giocare nel club! Scherzi a parte, da ora in poi spero di poter fare un salto di qualità anche in campionato, grazie al trasferimento a Piacenza. Perché solo giocando si può crescere e migliorare».
Intanto siete in cima al mondo, un'Italia giovane che ha vinto divertendosi.
«La Polonia giocava in casa e da favorita, ci siamo detti di goderci la partita e siamo stati bravi a farlo. La chiave è stata riuscire a rimanere tranquilli e con la testa libera, nonostante fossimo a giocarci la finale di un Mondiale. Per molti di noi era la partita più importante della carriera, ma l'abbiamo approcciata come se fosse una gara normale. Siamo un bel gruppo, stiamo bene insieme fuori e dentro il campo ed è proprio questa una delle chiavi dei nostri successi».
Tranquillità che vi ha trasmesso anche De Giorgi.
«Fefé è stato fondamentale per darci quella serenità che ha fatto la differenza nei momenti chiave. In certe partite è facile farsi prendere dalla foga, a maggior ragione per una squadra giovane come la nostra. Appena ci vedeva troppo frenetici, il coach ha saputo toccare le corde giuste nei time-out, consentendoci di mantenere la calma che ci ha permesso di continuare a giocare come sappiamo. Personalmente, poi, devo molto a Ferdinando: mi ha portato a un Europeo quando non avevo esordito in Superlega e ha continuato a credere in me».
Lasciando a casa Zaytsev...
«Si è detto e scritto che Ivan non sia stato convocato perché sarebbe stato una riserva troppo ingombrante. Niente di più falso, perché il periodo condiviso con lui in nazionale è stato prezioso. Per me è stato un idolo, lo guardavo in tv quando ho iniziato a giocare a pallavolo e devo dire che è stato un compagno di squadra esemplare, che si è sempre messo a disposizione per darmi consigli utili anche dalla panchina».
Tra i segreti di Romanò c'è anche un amore sbocciato proprio lo scorso anno.
«Marta mi ha cambiato la vita, è anche merito suo se oggi sono qui. Ci siamo fidanzati poco prima della partenza per l'Europeo, la sua presenza mi ha dato tranquillità e serenità dentro e fuori dal campo».
Ora l'Europeo in casa, poi i Giochi Olimpici di Parigi.
«Il nostro è un progetto a lungo termine, e ovviamente giocare le Olimpiadi da
protagonisti è il sogno di tutti. Penso che questi due successi ci abbiano dato tanta consapevolezza per arrivare pronti a questo grande evento. Ma prima, nel 2023, vogliamo giocare un grande Europeo davanti ai nostri tifosi».
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