Tra doping e politica, salta l'Hall of fame

C'è chi ha barato e chi è pro Trump. La classe del 2021 è senza quorum

Tra doping e politica, salta l'Hall of fame

Presente quello slogan pacifista che, tradotto dall'inglese, diceva più o meno «pensate se ci fosse una guerra e nessuno ci andasse». Ecco, immaginate che ci sia una festa, una celebrazione, e i festeggiati non si presentassero. Non per colpa loro, però, ma perché nessuno in realtà li vuole. È quel che succederà il 25 luglio a Cooperstown, la città dello Stato di New York che ospita la Baseball Hall of Fame, il museo degli immortali di quello sport. Ogni anno, in estate, i giocatori e personaggi eletti dalla giuria di giornalisti e addetti ai lavori vengono festeggiati e ufficialmente inseriti, tramite targa con il profilo scolpito in rilievo: ma questa volta ci saranno solo gli eletti del 2020, quando la cerimonia venne annullata a causa della pandemia, mentre della cosiddetta classe del 2021 non sarà presente nessuno. Il motivo è semplice: nessuno dei candidati ha raggiunto il 75% delle preferenze, e allora tutti a casa.

Il più vicino è stato l'ex lanciatore Curt Schilling, con il 71,1%, mentre Barry Bonds ha toccato il 61,8% e Roger Clemens il 61,1%. Per chiarire: Clemens nella sua lunghissima carriera ha vinto 354 partite mentre Bonds è il primatista assoluto di fuoricampo nella storia del baseball professionistico americano, con 762, anche se il record mondiale è del fenomeno giapponese Sadaharu Oh, ora ottantenne, che ne ha sparati 868 nel competitivo campionato del suo paese. Il guaio di Clemens e Bonds è che entrambi hanno giocato buona parte della loro carriera nel periodo in cui nel baseball c'era un uso accertato di doping, e Bonds finì anche sotto processo per aver mentito ad un tribunale nel corso del processo al celebre laboratorio Balco, centro di produzione di sostanze dopanti. Su Schilling non ci sono sospetti di doping, contro il quale ha anzi spesso tuonato, ma altro: le sue idee politiche conservatrici, il suo appoggio in passato a George W. Bush e di recente a Donald Trump e certe sue dichiarazioni sulla questione dei cosiddetti diritti civili, oltre ad un tweet in cui invitava alla violenza contro giornalisti ostili. I votanti per la Hall of Fame del baseball sono infatti tenuti a considerare non solo il talento e il rendimento ma anche il carattere e il volto pubblico, e lì sta il problema.

Al punto che Schilling, comprensibilmente indispettito dall'ottava annata

consecutiva senza aver raggiunto il quorum, alla fine si è stufato ed ha chiesto di essere escluso dalle votazioni future. A Cooperstown, dove avrebbe diritto di essere per via della sua carriera, andrà al massimo a fare una gita.

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