E Vlahovic alla Juve fa dimenticare CR7

Senso di appartenza e leadership: il serbo è già oltre Cristiano Ronaldo

E Vlahovic alla Juve fa dimenticare CR7

Più che una scintilla, è amore vero. Quello scoccato tra la Juventus e Dusan Vlahovic. Titolare empre, decisivo quasi. Capace, negli ultimi minuti contro l'Empoli, di lottare come un mediano qualsiasi. Emblematica la scena avvenuta a cavallo della linea di metà campo, a due passi da Allegri quando mancavano una manciata di minuti al termine: pallone addomesticato con la giusta tecnica e poi difeso alla grande, prima rimanendo in piedi e poi lottando da terra. Uno contro tre, fino a ottenere un fallo a favore: festeggiato quasi come un gol, da parte di uno che di reti ne aveva già segnate due. E che di professione, appunto, non fa il Chiellini. «Mi piacciono l'entusiasmo e la grinta che stiamo mettendo in ogni cosa che facciamo», ha applaudito Allegri. Inevitabilmente. Perché, aspettando che la qualità del gioco torni a farsi apprezzabile, la Juventus ha ritrovato il suo dna: quello di chi non molla mai. Del resto era stato proprio Vlahovic a dirlo, appena sbarcato a Torino: «A me piacciono i fatti, non i lustrini il succo del discorso -. Non abiterò nella casa di Ronaldo, a me certe cose non interessano: penso solo al campo, a vincere una partita dopo l'altra. E a lottare fino all'ultimo secondo di ogni partita». Detto e fatto. Con tanti saluti a CR7. Che mica si può discutere, ovviamente. Ma che è sempre rimasto algido nel suo modo di vivere la juventinità: voglioso di vincere sì, ma con quel modo di fare distaccato che era chiaro a tutti e che lo ha poi portato a staccare la spina più volte in stagione, specie quando le cose hanno cominciato a non andare per il verso giusto.

Vlahovic pare tutt'altro tipo, ecco: pronto sacrificarsi e a soffrire. A sporcarsi le mani, insomma. Intanto è arrivato sotto la Mole quando la Juve era in difficoltà e, anzi, vedeva il quarto posto come massimo obiettivo raggiungibile. E poi è entrato nel gruppo con il sorriso, ha subito legato con Dybala e Morata facendo capire con il suo modo di stare in campo di non essere egoista: cercare il gol è il suo mestiere, ma senza l'ossessione del portoghese. E comunque dando (sempre) l'impressione di volere essere utile alla causa comune, la qual cosa non gli ha impedito di segnare già quattro reti facciamo cinque, perché l'autogol di Tressoldi nel match di Coppa Italia contro il Sassuolo è arrivato dopo una sua travolgente iniziativa in sei presenze. «Non mi sono preso la Juventus, perché un singolo non può fare nulla senza la squadra. Uniti e compatti, possiamo ottenere grandi risultati.

Non ero abitato a vivere situazioni di questo genere ma con la testa giusta, la calma e il lavoro, tutto si può fare». Non resta che attendere: tra due sere il ritorno a Firenze per l'andata della semifinale di Coppa Italia, intanto. E poi, detto sottovoce, la lunga volata scudetto.

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