Non è bastato strappare la maledizione di Carlitos Tevez per tornarsene a Torino con il dolce sapore. La Juve dovrà sudarsi il sogno di una finale fino in fondo, ringraziando il gol dell'Apache, trovato dopo cinque anni (anche allora era aprile) di astinenza. Juve che perde l'imbattibilità in Europa League, ma è il minore dei danni.
Dice la storia che non è difficile rimediare. Partita dettata dal tango argentino (gol di Garay e Tevez) risolta da un gioiello brasiliano: tutto quanto fa calcio di qualità. Ha vinto la pazienza e il killer instinct del Benfica, ha perso la svagatezza difensiva bianconera. Partita ben giocata un tempo a testa, ritorno senza pronostico. Potrà davvero succedere di tutto, anche se la Juve quest'anno nel suo stadio ha passo da carroarmato.
Primo tempo della Juve imbarazzante per senso dell'impotenza e incapacità di giocare da squadra di qualità e personalità. Il Benfica ne è uscito con un figurone: subito in partita, compagnia quadrata nell'occupare spazi, devastante nei movimenti veloci di Markovic, a stantuffo sulle fasce laterali con l'idea del gioco e dei suoi punti cardinali, in gol in un lampo (solo due minuti e 5 secondi) giusto il tempo per pescare le solite disattenzioni di Bonucci. Dormiveglia difensivo inaccettabile a gara appena iniziata: il cabezon argentino di Garay è salito facile e Buffon è rimasto sorpreso pur arrivando a toccare la palla.
Juve che ti lascia il palato insipido ogni volta che l'asticella europea si alza un po': perde la baldanza e la compattezza del suo giocare in campionato. Squadra anche affannata nella fase difensiva e in grande difficoltà sul contropiede e sul gioco in velocità del Benfica che si è presentato leggermente diverso rispetto alle attese, almeno nella scelta degli uomini. La Juve invece ha infilato in squadra Caceres al posto di Barzagli e Vucinic al fianco di Tevez. Non proprio scelte esaltanti. Ancora una volta Pogba ha dimostrato di essere uno dei pochi in grado di reggere il confronto internazionale, molto meno gli altri. A cominciare da Vucinic solito pesce lesso quando deve guizzare con più decisione. Tevez ha provato un solo tiro, l'unico della Signora nel primo tempo, ma soltanto uno sbuffo. E che dire di Pirlo? Ha cercato la logica della partita, ma non è riuscito a dosare i passaggi fin alla ripresa. Invece l'Apache è stato l'unico a provare lo sfondamento solitario affidandosi alla bravura calcistica: modesto il risultato. Ma prova generale per il gol che sarebbe arrivato più tardi.
E buon per la Juve che il Benfica, a dispetto del gioco, ha tirato poco (ma bene). Cardoso è stato portoghese, ovvero spettatore non pagante e, infatti, quando ha lasciato posto a Lima si è vista la differenza. Nel frattempo la Juve ha trovato un miglior assestamento ed è stata meno impotente. Magari non prepotente ma in crescita di qualità e personalità. Un cross di Marchisio ha pescato la testa di Pogba: valeva un gol se Artur non avesse aperto le alucce. Caceres ha rischiato un rigorino in contrasto su Peres, ma l'arbitro lo ha graziato. Marchisio si è lasciato prendere da indecisioni fatali in area (una nel finale) e si è mangiato le occasioni.
Il Benfica ha cominciato a lasciarsi carezzare un po' troppo dall'attacco juventino. Giovinco ha preso il posto di Vucinic, mettendoci un pizzico di vivacità. E Tevez ha fatto il numero da circo sull'assist di Asamoah: dribbling, tiro e quel gol europeo che attendeva da 1843 giorni. Dal Porto (a cui segnò giocando con il Manchester United) al Benfica, le vie del gol non sono infinite.
E soprattutto hanno risvegliato l'istinto dei padroni di casa sospinti dagli ultimi arrivati in campo: il velo di Cavaleiro è stato un do di piede per la fantastica sventola di Lima. Juve ancora una volta difensivamente imbambolata, ma in compenso non ha preso una bambola davanti agli ultimi preoccupanti attacchi dei portoghesi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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