
Teatro e morte convivono nella cultura latina, quella argentina offre pagine strazianti. La fotografia di Diego Armando Maradona, il ventre gonfio, disteso sul letto di morte, cencio di vita, ultima immagine della sua esistenza vivace, sono stati il macabro quadro, non ultimo, del teatro dell'orrore. Il processo ai medici argentini accusati, in pratica, di avere assassinato il campione, trascurando la gravità dell'infermo, anzi usandolo come esperimento di farmaci e cure estreme, si è trasformato in una recita del pubblico ministero, le lacrime, profonde ma tardive, rigavano i volti delle figlie di Diego che, al tempo, si tennero lontane dal misero domicilio di Tigre, quasi evitando di scorgere e di accorgersi della tragedia del loro padre abbandonato. Borges scriveva «un morto non è un morto, è la morte», quella fotografia è l'ultimo atto del copione, l'epilogo del viaggio di Diego, bambino mai diventato uomo, circondato da una folla di parassiti che veneravano la sua persona e che, tra tutti, mai gli ha detto un solo no, come i medici, oggi alla sbarra. Che questo finisse per porre fine alla sua vita era prevedibile, previsto, la cosa più normale del mondo. Il processo per le circostanze della sua morte non è altro che il nuovo capitolo del Maradona Horror Show che hanno organizzato in Argentina per continuare a vivere della sua storia. Avvoltoi attorno ad un epilogo drammatico, miseria umana alla ricerca di fama, Diego ucciso un'altra volta, mostrato al popolo non più per l'arte che seppe interpretare e offrire ma per l'oblio colpevole, la compassione ipocrita che hanno accompagnato l'uscita di scena, il suo triste, solitario y final che riempie la retorica e il birignao ideologico tipico di certa narrazione complice.
Avremo altre udienze, verranno mostrate altre immagini, sono cento e nove i testimoni chiamati a presentarsi in tribunale. L'Argentina ha bisogno di celebrarsi nella crudeltà che è parte importante della propria storia. Sul palcoscenico si agitano ombre maligne. Diego Armando Maradona non riesce a chiudere il sipario.
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