Ci dobbiamo accontentare dei complimenti del numero uno dello sport olimpico (Bach), del numero uno dello sport italiano (Malagò) e di quello del ciclismo mondiale (Lappartient): allestire in quattro e quattro otto una rassegna iridata non è cosa facile per nessuno ed esserci riusciti per Imola, l'Emilia Romagna e l'Italia è chiaramente la medaglia più bella. Non è un premio di consolazione, anche perché il ciclismo italiano non si era assolutamente illuso e ha fatto di necessità virtù con quello che aveva. Si è difeso, ha provato a stare al gioco e nel gioco fino alla fine, e per poco non ci riusciva anche, con l'uomo più rappresentativo di tutti Vincenzo Nibali - a far saltare il banco.
È il siciliano a rompere gli indugi con una progressione sul Mazzolano. Dietro all'azzurro si portano Landa, Uran e il grande favorito della vigilia Wout Van Aert, che ha davvero dalla parte sua il match ball, ma non ne approfitta. Potrebbe rilanciare l'azione, dare una mano a Vincenzo. Niente, il belga ha il braccino e desiste. Brinda la Francia con Julian Alaphilippe, che nel nuovo millennio la maglia iridata non l'aveva ancora vinta (era dal 1997, Laurent Brochard, ndr). E lo fa con l'uomo che divideva i pronostici della vigilia con il belga. Due facce per una medaglia che è finita al transalpino, uno dei più forti corridori per le corse di un giorno degli ultimi anni. Quindi? Abbiamo un campione del mondo vero (con tutto il rispetto per Mads Pedersen, il danese che ha bruciato un anno fa il nostro Trentin), come meglio non potevamo sperare. Un ordine d'arrivo sontuoso, pieno zeppo di bei nomi. Da Wout Van Aert, il primo degli sconfitti, al giovanissimo svizzero Marc Hirschi. E poi Kwiatkowski, Fulgsang, Roglic, Matthews, Valverde, Schachmann e il nostro Damiano Caruso. C'è poca Italia in questo mondiale italiano, che però ci ha riservato qualche bella soddisfazione. Una su tutti: lo storico oro di Ganna nella crono mai vinta da un italiano, oltre al bronzo della Longo Borghini fra le donne.
È vero, non sono arrivate medaglie nella gara più attesa, e anche la più difficile nel momento forse più difficile del ciclismo italiano: quella del passaggio da una generazione all'altra. Da un Nibali all'altro. E qui sta il problema. Qui c'è un buco. Difficilmente colmabile: anche con una medaglia.
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