Isner – Mahut: a Wimbledon il match più lungo nella storia del tennis

Nel 2010 andò in scena un incontro assurdo: per concluderlo servirono tre giorni

Isner e Mahut increduli e distrutti dopo il match
Isner e Mahut increduli e distrutti dopo il match
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Quando l’orologio finalmente si ferma le lancette sfrigolano, bollite da un giro interminabile. Undici ore e cinque minuti, spalmati su tre giorni consecutivi. Spazzolate le scarpe prima di entrare e accomodatevi a filo d’erba. Già che ci siete, conviene portarsi dietro un cuscino, qualche sacchetto di snack e una bevanda corroborante. L’ingresso nel match più lungo della storia del tennis professionistico richiede sacrifici del genere.

Wimbledon. John Isner e Nicolas Mahut avevano iniziato a saggiare il campo intorno alle 18 del 22 giugno 2010. La gara, un banale primo turno sul dimenticabile campo 18 tra contendenti separati da una montagna di posizioni (il n° 19 del ranking contro il n° 148), sarebbe stata sicuramente archiviata in fretta. Almeno così ciarlavano gli esperti, sbadigliando davanti al prologo di un aperitivo con gli ammennicoli.

Lo scarto tra il giornalista sportivo e l’indovino però resta imponente. Nessuno avrebbe potuto vaticinare che un match all’apparenza insipido sarebbe esploso, attirando frotte di curiosi e i riflettori dei media di tutto il mondo. Il finale – un mitologico 70 a 68 – ha dell’assurdo solo a pensarlo. Di sicuro si tratta di un record irripetibile: all’epoca il regolamento di Wimbledon non prevedeva ancora il tie break nel set decisivo e quindi si procede a oltranza.

L’inizio scorre via liscio. L’americano conquista il primo set 6-3, il copione è ossequiato. Al secondo si impone il francese, 6-4, ma comunque l’incontro non se lo fila ancora nessuno. Terzo set con Mahut avanti. Al quarto Isner lo riprende. Scoccano le 21:03. Si ferma tutto per intervenuta oscurità.

Il quinto set inizia il giorno dopo, alle 14:07. Curiosi e appassionati ancora latitano, ma mano a mano che il match si inoltra nel tardo pomeriggio i primi spifferi iniziano a filtrare. I due contendenti continuano a vincere i loro turni di battuta senza sosta. Giocano da sette ore filate e, alle 21:10, il punteggio inciso sul tabellone luminoso recita 59 – 59. Buio pesto, bisogna rimandare al giorno seguente. È già la gara più lunga nella storia del tennis, sia per numero di game giocati che per il tempo effettivo passato sull’erba. Ma non basta. I raccattapalle, sfiniti, si alternano in otto squadre.

24 giugno. I media chiedono con insistenza che l’incontro, ormai un caso internazionale, assurga alla gloria del Centre Court. L’organizzazione del torneo, risoluta, non ammette cambiamenti. Si ricomincia. Isner e Mahut continuano a prendersi a racchettate fino al punto di umana comprensione. Alle 15:48 locali, finalmente, il francese cede.

Finisce 70-68. In totale fanno 11 ore e 5 minuti di gioco, 980 punti, 215 ace e solo tre break in tre giorni consecutivi sui campi.

Un record folle, irripetibile e, forse anche per questo, destinato alla gloria imperitura.

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