La rivoluzione azzurra è pronta a partire. E il successo europeo dell'Under 19, il primo trionfo italiano di un mese e mezzo nel quale club e nazionali hanno giocato tante finali, non può che accelerarla. «Una vittoria storica in risposta ai disfattisti. Nulla si inventa, tutto si costruisce. Ora la responsabilità del nostro calcio è non disperdere il grande lavoro svolto dal Club Italia e il talento degli azzurrini», così il presidente Figc Gravina che ieri ha incontrato i neocampioni continentali insieme al ministro dello sport Abodi e al n.1 del Coni Malagò («è fondamentale la salvaguardia dei nostri vivai»).
Il ct dei baby saliti sul trono continentale è quell'Alberto Bollini arruolato a giugno da Roberto Mancini nella rappresentativa maggiore e seriamente indiziato per sedere sulla panchina della 21 lasciata da Nicolato che invece rappresentava un tipo di calcio più «vecchio», nonostante avesse otto su undici titolari in A. L'impronta tattica della sua squadra ricalca quella del Mancio che da settembre diventerà supervisore delle nazionali giovanili (in particolare della 20 e 21, per le altre resterà l'apporto prezioso dell'attuale responsabile Maurizio Viscidi). Così come la ricalcava anche l'Under 20 di Nunziata - altro ct con le quotazioni in ascesa - arrivata a pochi minuti dal trionfo iridato un mese fa.
In pratica dall'Under 15 in su tutte le selezioni azzurre proporranno lo stesso (o gli stessi) modulo della Nazionale A per favorire l'inserimento costante in prima squadra di giovani prospetti, agevolato proprio dalla preparazione ai principi di gioco e dando al movimento azzurro connotati più simili a un club. Il modo migliore per favorire il travaso, da noi più complicato che all'estero.
Un'omologazione tentata a suo tempo da Arrigo Sacchi, ma che ha dato frutti soprattutto alla Germania dal 2006 e per circa dieci anni, quando la Nazionale teutonica ha iniziato a mostrare un calcio più votato all'attacco e meno conservatore in tutte le rappresentative. Mancini ha iniziato da tempo a convocare giovani promettenti tra serie A, B, campionati esteri e Primavera e persino oriundi per visionarli di persona e fargli assaggiare l'aria della Nazionale dei grandi. Da settembre il progetto sarà realtà, con la speranza che i club capiscano finalmente l'importanza di regalare un minutaggio ampio ai nostri ragazzi. Considerando che le rappresentative italiane giovanili hanno fatto meglio anche di quelle francesi e inglesi: quattro squadre qualificate alle fasi finali dei tornei internazionali di categoria. Segno che i talenti ci sono ed è alimentato dal lavoro dei vari ct (tra questi anche l'ex Lazio e Parma Bernardo Corradi) che li hanno fatti crescere.
I talenti saliti sul tetto d'Europa due anni dopo i «compagni dl classe» più grandi sono figli della globalizzazione e hanno i nomi di capitan Faticanti (già nel gruppo della 20), dei suoi compagni alla Roma Missori e Pisilli (tutti già debuttanti in A, il primo anche in Conference, grazie a Mourinho), di Vignato cresciuto al Monza, dello juventino Hasa, dell'eroe di Ta'Qali, il viola
Kayode, trasformato da terzino a esterno del tridente d'attacco, e persino di Koleosho, il «nuovo italiano» scovato nella Liga che con 4 passaporti potrebbe giocare anche per Usa, Canada e Nigeria. Un patrimonio da tutelare.
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