la MAGLIA NERA di

Se le informazioni sono corrette, e non c’è motivo di dubitarne, Donadoni non ha speculato sul rinnovo del contratto e Lippi verrà a prendere un milione e 200mila euro, all’incirca un terzo di quello che gli è stato offerto negli ultimi due anni per allenare un club o una Nazionale. Tanto di cappello a entrambi. Almeno in questa circostanza ci confrontiamo con uomini di calcio per i quali i soldi non sono tutto. Ma non doveva essere il ct uscente a raccontare il particolare più significativo del rapporto con la Federcalcio che, fra l’ altro, prevedeva il prolungamento automatico del contratto in caso di raggiungimento della semifinale. Le sue parole, vale la pena di riscriverle, sono state nette: «Ho detto no alla proposta che il presidente federale mi ha fatto il giorno del rinnovo. Il discorso economico non mi interessa. Se per lui non sarò più il ct, me ne andrò senza chiedere nulla». In discussione una somma importante, all’incirca un miliardo di vecchio conio. Davvero una scelta in controtendenza. A memoria l’unico vero dimissionario del calcio resta Orrico che lasciò l’Inter senza pretendere una lira dall’allora presidente Pellegrini. Spettava ad Abete svelare il retroscena in occasione della conferenza stampa svoltasi lo scorso 20 maggio. Sarebbe stato un bel gesto. Ci avrebbero guadagnato tutti e due. Donadoni avrebbe incassato qualche credito nei confronti dell’opinione pubblica.

Il presidente non si sarebbe sentito rinfacciare di aver utilizzato male le casse federali. Che poi lo avrebbe cacciato comunque, è un altro discorso. Chiosa su Moratti. Lui, un allenatore così poco attaccato ai soldi, non l’ha mai avuto. Lippi compreso.

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