McCalebb e la difesa Siena stritola l’Armani Lo scudetto è a 2 passi

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All’undicesimo slam di una carriera ancora da raccontare, Rafa Nadal non è riuscito a trattenere le lacrime quando s’è accorto che Nole Djokovic si era arreso nel modo più banale, con un doppio fallo, e gli aveva consegnato il settimo Roland Garros. Poi s’è arrampicato come un gatto sulle tribune per condividere il miele del trionfo con famigliari e amici in un commovente groviglio di sentimenti. Allo zio Toni, che lo iniziò piccolissimo al tennis, è addirittura saltato in braccio. Sembrava che fosse alla prima vittoria. Ma, come amava dire l’avvocato Agnelli della sua Juventus, l’ultimo successo è quello più toccante. Così è stato per il tennista maiorchino e il suo appassionato clan.
Era dal 29 gennaio scorso che Nadal covava la vendetta, sportiva s’intende, di battere quel diavolo di Djokovic che a Melbourne l’aveva superato per la terza volta consecutiva sul traguardo di uno slam: prima a Wimbledon, poi agli Us Open, infine in Australia. «Ma è mancato poco che l’agganciassi», disse alla conclusione di quella finale passata alla storia come la più lunga di ogni tempo (5h 54’) in una prova dei major. Il disegno, dopo gli antipasti serviti a Montecarlo e Roma, s’è completato ieri pomeriggio al Roland Garros nella prosecuzione del match sospeso domenica per la pioggia: 6-4, 6-3, 2-6, 7-5, in 3h 49’, il risultato a favore di Rafa. Con questa impresa lo spagnolo ha ritoccato il record di Borg che si era affermato per sei volte a Parigi e nella classifica dei vincitori di slam s’è posto in scia a Federer, Sampras ed Emerson.
La partita s’è incendiata nell’ultimo atto con una serie di colpi ai limiti delle umane possibilità per le diagonali sfacciate sui dritti di entrambi e i micidiali fendenti da fondo campo, roba da incrinare i polsi e far impazzire il cuore. In tv non si apprezza la realtà d’un tennis dai parametri mostruosi. Solo se stai in campo, ti rendi conto di cosa sono capaci quei due che, per via della giovane età, 26 anni Rafa, 25 Nole, si ritroveranno in chissà quante altre finali. A cominciare dai prossimi tornei su erba e cemento, in teoria più favorevoli al serbo che allo spagnolo.
La pioggia ha infastidito soprattutto Djokovic che porta le lenti a contatto. Ma, in occasione della prima interruzione, è arrivata al momento giusto per permettergli di rifiatare dopo aver perso la battuta per sei volte nei due set iniziali. Il successivo stop invece ha dato una mano al maiorchino che, nella terza ora di gioco, aveva così abbassato la guardia da perdere sei game di fila. Questo il copione di domenica.

Ieri, alla ripresa del gioco, Nadal ha conquistato subito la parità (2-2) con un break autoritario e ha chiuso l’incontro al dodicesimo gioco togliendo ancora il servizio al serbo. In quest’ultimo scorcio s’è visto un grandissimo Nadal e s’è rivisto il numero uno che l’anno scorso aveva dominato la scena. “Non c’è trippa per gatti”, direbbe Trapattoni.

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