È un mondiale traditore. Niente calcoli con l'Uruguay

La Costa Rica ha sconvolto tutti i pronostici. Contro la Celeste senza pensare al pareggio

È un mondiale traditore, capace di sorprenderti dietro ogni angolo. Mai fidarsi delle apparenze e nemmeno delle classifiche Fifa: la Costa Rica, posizione numero 28, ha sistemato prima Cavani e soci, poi ha sculacciato l'Italia e messo un piede nel territorio della gloria. A 6 punti ieri sera ha già raggiunto una storica qualificazione, festeggiata con tutto il popolo rimasto a casa. Non è stato un colpo di mano o un colpo di fortuna. Hanno vinto giocando a calcio, marcando un gol, reclamando un rigore, difendendo nella ripresa, con ordine e decisione senza concedere una sola occasione all'attacco azzurro a quel punto "indebolito" dai rinforzi giunti dalla panchina nella seconda frazione. Così la possibile cavalcata azzurra è diventata un calvario inatteso ed umiliante. E adesso per sbarcare agli ottavi ed evitare un'altra Corea, è diventato fondamentale l'ultimo turno, l'appuntamento di martedì prossimo con l'Uruguay che è nelle nostre identiche condizioni di punteggio, peggio solo come differenza reti. Perciò può bastare, calcoli alla mano, anche un pareggio per evitare il crac, il secondo consecutivo dopo quello in Sud Africa quattro anni prima. Guai a cullarsi su questa opzione, però. Risulterebbe un altro tragico errore dopo i tanti accumulati in un solo pomeriggio di afa e di sofferenza. Compreso il ct Prandelli destinato a finire sotto processo per le sue scelte. Scontate alcune (Buffon da far tornare tra i pali), discutibili altre, a cominciare dal ripescaggio di Thiago Motta. Ma davvero Verratti era così scarico da risultare improponibile per la seconda sfida del mondiale?

Pinto, il ct della Costa Rica, non è Hodgson. Invece di aspettare sotto casa l'Italia, ha provato a sorprenderla andando a braccare Pirlo e soci nella loro metà-campo. Non solo, ma per evitare che il tiki taka procurasse gli sbocchi in zona d'attacco, ha preso in contropiede Prandelli alzando la linea della difesa per far scattare la trappola del fuorigioco. Gliene sono riusciti 11, deve essere andato a scuola da Zeman. Ha rischiato l'osso del collo - i due lanci alla cieca di Pirlo per Balotelli nel primo tempo - e gli è andata bene perché nel calcio gli episodi sono decisivi. Mario ha sbagliato una, due volte, Ruiz invece no quando è spuntato quel pallone in fondo all'area che ha segnalato la prima incertezza di Buffon. D'accordo Pinto è uno studioso e un volpone del calcio ma sono state le clamorose differenze tra la prima e seconda Italia a scavare la buca sotto i piedi di Chiellini e Barzagli sul finire del primo tempo. L'elenco è sorprendente: 1) Thiago Motta, lento e macchinoso, ha fatto rimpiangere subito Verratti; 2) la percentuale dei passaggi completati dagli azzurri è passata dal record di qualche giorno fa (93,2%) al deficit di ieri, meno del 50% con una striscia di sfondoni, tutti conseguenza del pressing costaricano, per liberarsi in fretta della biglia hanno trovato spesso il rivale invece del sodale; 3) la catena di destra, che mise in crisi i leoni inglesi, Candreva più Abate al rientro, non ha mai funzionato in sinergia e con tempismo; 4) alla prima difficoltà il gruppo, coeso al debutto, si è disunito e ha perso tutte le sicurezze; 5) le correzioni dalla panchina, Cassano, Insigne e Cerci in sequenza, hanno modificato il disegno tattico ma non aggiunto neanche una vitamina: Insigne troppo acerbo, Cassano troppo defilato, Cerci troppo scontato nel dribbling uno contro uno. Solo Pirlo è stato Pirlo.

Si è spesso guardato intorno smarrito come per chiedersi: ma che fine han fatto De Rossi, Marchisio e Candreva? Già, spariti, come ingoiati dall'umidità di Recife, oltre che dalla cifra tecnica e dalla corsa della Costa Rica, anzi ricchissima di energie, nervose, insospettate, tradite solo all'intervallo per quella spinta in area di Chiellini su Campbell che ha trasformato Pinto e la sua panchina in un vulcano di proteste in piena attività. Se ne sono dette di tutti i colori, sfiorato il mischione. Hanno dimenticato negli spogliatoi la rabbia. Anche questo è un altro merito da appuntare come medaglia sulla maglia dei rivali.

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