Nel Milan assediato, Conceiçao come Mou: "Non sono un pirla..."

Il tecnico sulla graticola, ma respinge il clima tossico attorno alla squadra. E non mette Theo in castigo

Nel Milan assediato, Conceiçao come Mou: "Non sono un pirla..."
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Primo la sfogo, poi il Toro da prendere per le corna. Lo sfogo a taccuini e telecamere chiusi, per questo ancora più autentico, firmato da un Sergio Conceiçao convincente in questa versione pubblica che arriva al punto da dirsi disponibile a ricevere anche sms dai cronisti per dimostrare che «non sono il tipo da nascondere il litigio con Calabria» e che la rottura con Pulisic «è una notizia cattiva e falsa». È uno sfogo, pare di capire chiaramente, per denunciare più in generale il clima tossico che si respira attorno a questo Milan, in parte dovuto ai deludenti risultati, in parte perché attorno a Milanello e al club gironzolano vedovi dell'antico regime, doppiogiochisti e vengono servite polpette avvelenate da dare in pasto a siti e chat di tifosi inviperiti. «Come disse Mourinho, io non sono un pirla, non sono un angelo ma non sono neanche scemo» spiega Conceiçao assicurando che «i calciatori mi hanno capito» e che lo scenario è molto più chiaro anche al club.

Dopo lo sfogo però c'è il Toro, di recente diventato una bestia nera del Milan, specie in viaggio come documenta la striscia di risultati acquisiti dopo il ritorno dei granata in serie A (appena 2 successi, 6 pareggi e 4 sconfitte, l'ultima lo scorso torneo 3 a 1). «La nostra finale di Champions league è la sfida col Toro» racconta il portoghese anche perché è soltanto l'inizio di un trittico molto impegnativo che comprende a metà della settimana prossima il recupero col Bologna (giovedì 27 febbraio) e poi lo scontro diretto con la Lazio prima di rimettere testa in coppa Italia diventata l'unica concreta consolazione della stagione.

Dall'eliminazione col Feyenoord, il Milan è uscito con le ossa rotte e con il caso di Theo Hernandez che si trascinerà per chissà quanto tempo ancora. «Theo è un patrimonio del club, il colore dei capelli non mi interessa, sarà tra i disponibili a Torino» è la dichiarazione che sembra escludere altri pronostici catastrofisti, e cioè l'esclusione per punizione dopo l'espulsione che ha prodotto lo choc del pareggio e quindi della sconfitta nei play-off. L'altra risposta meno appuntita è dedicata alle critiche di tifosi e critici per l'esclusione di Gimenez con la conferma di Joao Felix: «Santiago era molto stanco, io lo so che è facile parlare dopo, alla fine sono tutti allenatori». La verità di fondo è che tra le assenze per infortunio (Walker) e qualche acciacco (Pulisic, Gimenez e Fofana) la salute psico-fisica di questo Milan non è delle migliori. Eppure non sembra suggerire una formula strategica che rinneghi il ricorso ai 4 dell'ave maria.

«Stiamo crescendo di condizione» è la spiegazione di Conceiçao che pur sapendo di avere sempre le valigie pronte, è deciso a non fare calcoli e a sentirsi compatibile con le pressioni che si vivono al Milan. «Io ho perso a 18 anni prima mia madre e poi mio padre, non ho paura di niente» è la garanzia offerta sul punto.

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