Please, non facciamone una tragedia. È da tempo che non siamo più emiri

Non c'era da essere euforici nel 2015, non c'è da essere disperati adesso

Please, non facciamone una tragedia. È da tempo che non siamo più emiri

Riassunto velocissimo per i deboli di memoria: Uefa champions league e Europa League 2014-2015: tre squadre italiane tra le protagoniste, Juventus finalista a Berlino, Napoli e Fiorentina, semifinaliste, eliminate da Dnpro e Siviglia. Non eravamo messi male, sta a vedere, si diceva e si scriveva, che l'Italia ha ritrovato energie e spirito della belle epoque. Un'edizione dopo, è fallimento, muro del pianto, vesti stracciate, accuse feroci. Carnevale e quaresima, si fa un mischione di pensieri e parole. Di certo non stiamo attraversando un momento fulgido. Le due semifinaliste citate hanno cambiato allenatore, con risultati avvertiti in campionato, niente affatto in Europa.

La Juventus è scesa dal treno a Monaco ma in corsa, non certo cacciata via per vergogna, come capitò, contro gli stessi bavaresi l'anno scorso alla Roma di Garcia, un altro che ha salutato la comitiva. La Lazio è figlia di un presidente e di una piazza in contraddizione continua.Opportuna una via di mezzo, non affatto mediocre ma, in senso latino, giusta dimensione, senza euforie e senza tragedie. Ho la sensazione che in molti si stiano portando avanti verso l'Europeo di Francia: se questo è lo stato di salute dei club, affollati di stranieri, figuratevi quale potrà essere quello della nazionale che conta soltanto gli indigeni e un allenatore a fine corsa. Le cose non stanno proprio così. Il calcio italiano ha uno strano rapporto con i tornei internazionali. Li sente soltanto nel momento in cui si ritrova con il passaporto della morte fra i denti, dunque, risorge ma è tardi.

L'Europa League è un fastidio, non frutta i denari della Champions, rovina i piani di campionato, viene affrontata con le seconde linee. Finisce come finisce. I trionfi del passato? La coppa dei campioni aveva formula più veloce, meno partite, cammino più agevole verso la finale. L'anno del Signore Mourinho (triplete dell'Inter) coincise con l'eliminazione, secca di Genoa e Lazio nei turni iniziali di euroleague, della Roma nei sedicesimi, della Juve negli ottavi. Allora?

Nei tempi bellissimi noi eravamo gli emiri, gli altri portavano i doni, la serie A era lussuosa di grandi nomi. Oggi, con diritti tivvù stratosferici (Inghilterra, Germania e Spagna) e investitori veri, loro se la spassano, noi siamo un magazzino di depositi e prestiti. Rummenigge propone teste di serie eterne, wild card per i vip, nessuno vuole perdere, anzi vincere sempre, non per l'onore, ma per il denaro. Ma anche a Hollywood, la sera degli Oscar, vince uno e gli altri applaudono.

Benigni, Sorrentino e Morricone, le nostre coppe vincenti, rientrati in patria, hanno ribadito che il cinema italiano è una ciofeca e il governo ladro. Ormai champions ed euroleague sono andate, facciamone una ragione, senza urlare alla luna. Proviamoci con la nazionale, a Parigi, in finale, come nel '38. Ah, ma quello era il mondiale.

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